Impegnato in un duro confronto con il governo (o una parte di esso) e il proprio futuro, il calcio italiano ha riscoperto ombre e veleni. Erano là, momentaneamente accantonati dalla pandemia, dallo stop al campionato e dai dubbi sulla ripresa. Li ha tirati fuori l’ex capo della Procura federale, il prefetto napoletano Giuseppe Pecoraro, nell’intervista al Mattino in cui ha messo sul tavolo quanto avrebbe subito per lo meno negli ultimi due anni. Credevamo che un argomento caldo potessero essere le pressioni ricevute quando venne avviata l’inchiesta sui rapporti tra la Juve e gli ultrà bianconeri in odore di ndrangheta. Invece, Pecoraro – così onesto da non aver mai nascosto la propria simpatia per il Napoli – ha puntato altrove. Al Palazzo federale, dove ha lavorato per quattro anni, fino allo scorso 11 dicembre.
Le accuse mosse al presidente della Figc Gravina e al presidente dell’Aia Nicchi sono dure. Si va dal cambio dei vice procuratori, deciso dai vertici federali senza consultare il capo dell’ufficio, alla gestione del post Inter-Juve del 28 aprile 2018, ferita ancora sanguinante per il Napoli e i tifosi napoletani. La mancata esibizione del file audio della conversazione tra l’arbitro in campo Orsato e l’arbitro al Var Valeri dopo il fallo di Pjanic su Rafinha, non sanzionato col rosso allo juventino, fu una mancanza inspiegabile e grave. A nostro avviso Pecoraro non avrebbe dovuto archiviare il procedimento dopo quell’arbitraggio che incise sull’assegnazione dello scudetto, ma chiedere allora, anche pubblicamente, che fine avesse fatto quel documento audio. Invece, tutto è rimasto com’era. Anzi. Orsato, dopo un lungo e misterioso periodo di assenza dai campi nella scorsa stagione, è stato appena nominato rappresentante degli arbitri in attività e Nicchi, a capo dell’Aia da undici anni, si prepara a candidarsi per il quarto mandato. Fonte: IL Mattino