Di Natale: “Solo un napoletano ha conquistato Napoli. C’è un azzurro che mi somiglia”

Di Natale: «Scarpa d’oro a Immobile... a chi sennò?» 

L’ex attaccante azzurro e dell’Udinese  ora tecnico dell’Under 17 dello Spezia  categorico in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport: «Il calcio deve ripartire»

«Inzaghi  ha fatto diventare  un mostro ad Immobile: sa fare tutto, in Europa nessuno merita più di lui»

 

Allenatore: Antonio Di Natale. Totò, che effetto ti fa? «Bello, per la prima volta alleno da solo e questa è un’esperienza che mi godo giorno dopo giorno. Già pensavo a come sarebbe stata dura quando ancora giocavo, ma nel momento in cui ci metti tanta passione niente e nessuno ti possono spaventare». 


L’anno passato eri il secondo di Pasquale Marino allo Spezia, non sarebbe stato più facile continuare a lavorare con lui? «A parte che Marino è andato a Empoli solo a metà campionato, quando a inizio anno il direttore sportivo dello Spezia Guido Angelozzi mi ha chiesto se ero pronto ad allenare l’Under 17, non ci ho pensato su un attimo. Lo so, quando fai il secondo tutte le responsabilità sono del primo allenatore, ma io me le sono sempre prese nella mia vita e stai tranquillo che continuerò a prendermele. Poi sono sempre stato anche un decisionista, ho sempre seguito quello che via via mi hanno suggerito il cuore e l’istinto».

Se non fosse stato così avresti ascoltato le sirene della Juventus invece di restare a Udine. «A Udine stavo bene io e la mia famiglia. Se avessi accettato la Juventus è chiaro che la mia vita sarebbe cambiata, ma ti domando: in meglio o in peggio?».

Se tu lo domandi a mille calciatori, probabilmente tutti e mille ti rispondono in meglio. Non fosse altro sul piano economico e dei risultati. «Probabile, ma io sono contento così, ho fatto la storia dell’Udinese, ero il capitano, la gente mi ha adorato. Ecco, magari invece di 209 gol ne avrei potuti segnare 300 ma la felicità non la consideri? Giocare felici è il primo concetto che cerco di trasmettere ai miei ragazzi, a cui dico che all’allenamento si arriva con il sorriso, poi una volta che siamo in campo è necessario fare di tutto e di più anche per vincere le partite».

Il fatto che tu abbia detto basta a 39 anni ti rende credibile per forza davanti ai tuoi ragazzi. «Tu puoi essere bravo o meno bravo, ma addosso devi avere sempre la fame e il desiderio di arrivare. E’ vero che io sono nato con il gol addosso, ma per diventare suo amico quanto l’ho coccolato, quanto l’ho rispettato con il lavoro quotidiano, mai che lo abbia tradito facendo il lavativo sul campo. Ai miei ragazzi chiedo di applicarsi sia agli allenamenti sia a scuola».

Quando hai a che fare con adolescenti, devi anche essere un educatore e non solo un tecnico. «La scuola è la prima cosa, va messa davanti a tutto. Quando studi devi pensare solo a studiare, poi quando sei in campo devi pensare solo a giocare. Se mi accorgo che uno mentre si allena, è distratto, vado su tutte le furie».

Come andava Silvio Baldini? «Forse anche di più. Comunque, se è per questo, non esiste un allenatore che non si incazza quando vede un giocatore che si applica poco e male. Poi per quanto riguarda Silvio penso che sia l’allenatore più bravo che abbia mai avuto. E attenzione, sono stati miei allenatori anche Luciano Spalletti, Francesco Guidolin, Pasquale Marino, tecnici grandissimi, ma Baldini è il massimo, il numero uno».

Quanto sia bravo Silvio è un segreto che tutti conoscono, eppure il grande calcio gli ha voltato le spalle. «Direi che è stato soprattutto Silvio a voltare le spalle al grande calcio. In questo mondo uno non può dire tutto quello che pensa, e Baldini non ha mai accettato compromessi, è sempre andato avanti a testa alta. Vai a guardare come gioca ora la sua Carrarese, è uno spettacolo. Si diverte lui ad allenarla, si divertono i suoi giocatori a farsi allenare da lui e si diverte la gente che va a vedere le partite. Ti racconto questa: quando il presidente dell’Empoli Fabrizio Corsi, che per me è come un padre, chiese a Silvio di allenare la sua squadra, vuoi sapere cosa gli rispose? A me va bene, ma a un patto: faccio giocare chi voglio».

E chi voleva far giocare? «Tanti giovani della Primavera: oltre a me, Maccarone, Marchionni, Bresciano, Cribari, Belleri. Ebbe fiducia in noi, ebbe il coraggio di lanciarci tutti insieme. Gli insegnamenti di Silvio li terrò sempre presenti. Uno su tutti? I giovani sono il futuro e la ricchezza delle società, curali, falli sentire importanti e stai tranquillo che prima o poi ti ripagheranno con gli interessi. Quello che ha fatto Roberto Mancini in Nazionale va applaudito, da anni l’Italia non era così amata, desiderata e apprezzata dagli italiani». 

Totò, al di là di Silvio Baldini, ti avranno insegnato qualcosa anche altri grandi allenatori. «Da tutti ho cercato di prendere il meglio, anche dai cittì. Sia dal punto di vista tattico, per la loro capacità di cambiare sistema di gioco a seconda degli avversari che a giochi avviati, sia per il temperamento che sanno trasmettere».

Fammi il nome di un allenatore di oggi che tu stimi molto. «Due: davanti a tutti metto Simone Inzaghi, poi mi piace Allegri».

Come, lasci fuori Sarri e Conte? «Ognuno ha il proprio modo di allenare. Stiamo parlando di allenatori eccezionali. Anche se la differenza alla fine la fanno sempre i calciatori, soprattutto quelli che hanno la giocata che ti cambia la vita».

E la tattica non la ritieni importante? Mazzone diceva che era l’arma dei poveri. «Mazzone è il calcio italiano, quello che dice Carletto era e resterà il vangelo. Poi, la tattica è tanto importante quanto la gestione della squadra».

C’è un allenatore che meriterebbe di più? «Marco Giampaolo è un grande. Ma è inutile che tu gli regali una panchina e poi non hai la pazienza di aspettarlo: se lo prendi, devi lasciarlo lavorare in pace e stai tranquillo che i risultati te li porterà. E questo discorso vale anche per Eusebio Di Francesco».

Dal tuo mestiere di oggi a quello di ieri: qual è l’attaccante in cui rivedi Di Natale? «Di sicuro Mertens, ha addirittura le mie stesse movenze. Mi assomiglia in tutto, anche per come sa arrivare in area di rigore. Poi, Insigne».

Ma Insigne non è più un esterno? «E’ vero, ma anche Lorenzo ha qualcosa di mio».

Oltre a essere napoletano come te. «Fammi dire che Insigne è l’unico napoletano che alla fine ha conquistato Napoli. Anche lui ha fatto molta fatica, ma alla fine c’è riuscito».

E’ vero che tu avresti avuto paura di giocare nella squadre della tua città? «E’ un concetto esagerato, anche se immagino che quando indossi la maglia della squadra per la quale fai il tifo da sempre hai dentro pressioni e tensioni incredibili. Non a caso tanti napoletani non sono stati profeti in patria, a cominciare da quel grandissimo attaccante che è Fabio Quagliarella. Mi consenti di esprimere una mia idea sulle prime punte?».

Certo. «Sarà perché io ero rapido e non un gigante, ma a me il fatto di avere davanti tre punte veloci piace molto. Non fosse altro perché dai pochi punti di riferimento agli avversari».

Vuoi dire che in una tua squadra non vorresti mai uno come Lukaku o Zapata? «Lukaku e Zapata sono grandissime prime punte, mica sono pazzo, poi ci sono allenatori che preferiscono attaccanti molto strutturati e altri che davanti vogliono uno che ha caratteristiche diverse. Poi in fondo anche Gasperini a volte toglie Zapata e come prima punta fa giocare Ilicic. Se non sbaglio, lo stesso Spalletti alla Roma fece giocare Totti centravanti. A proposito di Totti…».

Cosa hai da dire su Totti? «Ho letto che quando accompagna il figlio a Trigoria resta fuori ad aspettarlo in macchina. E’ uno scandalo, è una colossale vergogna. Totti ha fatto la storia della Roma, Totti è la Roma e dentro il centro tecnico dovrebbe essere costruita addirittura la sua statua».

Tu non sei Totti ma hai fatto la storia dell’Udinese, eppure ora sei allo Spezia. «Sono felice di esserci e ringrazierò tutta la vita il direttore Angelozzi che mi ha dato questa possibilità. Te l’ho detto, Udine e l’Udinese ce l’ho nel cuore, la famiglia Pozzo è la mia seconda famiglia, ma quando uno è stato per tanti anni nella stessa squadra e nella stessa società finisce per diventare ingombrante». 

E suscitare magari invidie e gelosie togliendo luce agli altri. «Dai, torniamo agli attaccanti, è meglio».

Come vuoi: allora parliamo di Immobile. «Quello che sta facendo da anni è qualcosa di straordinario. Ciro sa fare tutto, la prima punta, la seconda punta, lavora per la squadra, torna a difendere, fa reparto da solo. Inzaghi lo ha fatto diventare un mostro. Se non è da Scarpa d’oro Immobile, ditemi chi può vincerla. Nessun altro in Europa merita di vincerla quanto Ciro».

Ascolta Totò, Dybala può essere il compromesso tra una prima punta strutturata come Lukaku o Zapata e una prima punta come Mertens? «La mia idea è questa: detto che stiamo parlando di un fuoriclasse, Dybala è più trequartista o seconda punta, faccio fatica a vederlo davanti a tutti».

Se tu fossi Marotta, daresti Lautaro al Barcellona? «Mai. Me lo terrei stretto. Se poi il Barca dovesse pagare la clausola, a quel punto potrei solo imprecare per aver perso un grandissimo attaccante».

Chiudiamo con l’attualità: la stagione della tua squadra Under 17 è praticamente finita. «Sì, abbiamo fatto un campionato importante, con Bertola che è stato anche convocato in Nazionale, ma non ti nascondo quanto mi mancano il campo e i miei ragazzi».

Aspettando il protocollo, fai il tifo che almeno la serie A e la serie B possano ripartire? «E’ quello che tutti noi vogliamo, anche se sarà fondamentale ricominciare in sicurezza».

Tornando a te, dove vuoi arrivare? «Dove mi porteranno soprattutto le mie competenze e le mie capacità. Per altri due o tre anni vorrei allenare i giovani, poi il percorso verrà da solo. Ti dico questo: il mio segreto da giocatore è stato quello di non avere fretta, ora lo seguirò da allenatore. E a proposito consentimi di fare un nome che sfonderà di sicuro: Vincenzo Italiano dello Spezia. Ha idee, è bravo tatticamente, è bravo nella gestione, è molto sveglio. Assomiglia a Silvio Baldini, dentro il campo». 

La Redazione

 

 

 

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