PUNTO DI SVOLTA
L’indagine però, nonostante l’attuale impossibilità di identificare gli autori del reato , potrebbe essere un punto di svolta per la lotta alla pirateria digitale. Se fino a questo momento non vi erano «elementi per poter affermare che i rappresentanti legali di Telegram siano consapevoli dei contenuti illeciti dei canali indicati», d’ora in poi, «dal momento che vi sia stata conoscenza del provvedimento», gli amministratori della società dietro l’app «saranno consapevoli della eventuale prosecuzione dei reati, con le possibili ovvie conseguenze».
In pratica, qualora i canali fossero riattivati, Telegram potrebbe rispondere dell’illecito dopo non aver mai voluto collaborare all’identificazione e allo spegnimento delle chat pirata aperte sulla sua piattaforma. Un punto che potrebbe far cambiare l’atteggiamento dei vertici dell’app che ha permesso il proliferare di questo genere di canali.
E, purtroppo, anche di altri incentrati su materiale pedopornografico e revenge porn. Ancora oggi non solo ne risultano attivi molti con circa 580 mila iscritti. Ma, con ogni probabilità, anche alcuni di quelli indagati sono già rinati con nomi alternativi. Aprire un canale in completo anonimato è molto semplice e per questi gestori esperti è ormai prassi farlo prima che le autorità intervengano. Così invitando gli utenti ad iscriversi ad una versione di emergenza, in caso di stop i criminali hanno già un’altra chat in cui riversare i contenuti illeciti.
Il rischio quindi è che sia impossibile controllarli. Ieri però su alcune chat sono comparsi messaggi di questo tipo: «Si fa presente che la condivisione del materiale è solo a scopo illustrativo e senza fini di lucro». Un tentativo da parte dei gestori di svincolarsi dalle proprie responsabilità. Fonte: Il Mattino