I calciatori hanno ribadito la volontà di tornare a giocare

DA UN MESE A 45 GIORNI

I Calciatori hanno già ribadito più volte il desiderio di tornare in campo, riprendendo dunque a svolgere la loro professione. Ma la presa di posizione diffusa oggi nasconde anche un altro aspetto della questione. Tornare ad allenarsi, infatti, significa tornare a fornire la prestazione prevista dal contratto. E si tratta di un dettaglio tutt’altro che trascurabile, visto che l’impossibilità di fornirla a causa di provvedimenti legislativi o amministrativi è il “factum principis” a cui si appellano i club per invocare il taglio degli stipendi.

Il riferimento a marzo 2020 è significativo in questo senso. In quel periodo, infatti, non erano in vigore provvedimenti riguardanti lo sport e così, nonostante l’interruzione delle partite, diverse squadre hanno continuato a tenere aperti i propri centri sportivi, facendo allenare individualmente i giocatori. Poi, dal 4 aprile, è intervenuto il Governo: tramite Decreto, ha stoppato qualsiasi attività. Evidentemente ne occorre un altro per ripristinare la situazione.

Rinviarlo al 18 maggio significa allungare da 30 a 45 giorni il periodo di blocco. E visto che ormai la partita sugli ingaggi non si gioca più solo sul filo dei mesi, ma delle settimane, anche un paio possono fare la differenza. Fonte: CdS

 

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