Tra date vere e presunte ce ne è una che non può essere rinviata, si tratta del 30 giugno. Quel giorno i bilanci delle società di calcio vanno chiusi e depositati. Di norma le nostre società di calcio vivono un rapporto parecchio bizzarro con quel 30 giugno. Si scatena la corsa ai sacrifici da immolare sull’altare di un calciomercato secondario. E si alimenta una sagra delle plusvalenze che sovente sfiora la burla e l’indecenza. Ma il 30 giugno di quest’ anno fa eccezione. Quel giorno non potranno essere registrati movimenti di calciatori, né iscritte plusvalenze perché, semplicemente, la stagione non sarà ancora terminata. Tuttavia l’esercizio annuale andrà comunque chiuso, con numeri che finalmente snuderanno i meccanismi arrugginiti di una giostra cui non sarà stata data la mano d’olio miracoloso. E a quel punto, cosa fare? Tenere conto impietosamente di quei dati, o fare un bel condono tombale? Soprattutto, chi potrà decidere? Domande cui bisognerebbe dare una risposta urgentissima. Da Fase Zero. Per la cronaca, 13 club su 20 della nostra Serie A chiudono l’esercizio il 30 giugno: Bologna, Brescia, Cagliari, Hellas Verona, Inter, Juventus, Lazio, Lecce, Milan, Napoli, Parma, Roma e Udinese. Restano fuori dal mazzo, perché chiudono l’esercizio il 31 dicembre: Atalanta, Fiorentina, Genoa, Sampdoria, Sassuolo, Spal e Torino. Ma anche per queste società il problema è soltanto rinviato.
CdS