Matteo Contini, ex azzurro, ha vissuto più di due anni a Crema, alla guida della Pergolettese, dove ha vinto un campionato di serie D. L’esonero vissuto lo scorso novembre non ha scalfito l’affetto che nutre per la gente di uno dei comuni più colpiti dal Coronavirus e per una società che ha pianto per i decessi dell’ex presidente Andrea Micheli e del medico sociale Rosario Gentile, vittime del Covid-19.
Contini che rapporto aveva con loro due? «Il dottore Gentile era un uomo eccezionale, spesso agli allenamenti, sempre con noi in trasferta. La notizia della sua morte mi ha gelato. Lo stesso vale per il povero Micheli: che peccato, aveva appena 37 anni. Crema è sempre nel mio cuore».
Dove sta trascorrendo la quarantena? «A San Benedetto del Tronto. Mi sono trasferito prima che iniziasse l’epidemia. In casa c’è sempre qualcosa da fare, lavori in giardino, faccende domestiche. Qualche ora la trascorro tra serie televisive e Play-Station. Poi con mia moglie (l’attrice Micol Azzurro) non ci si annoia mai. Ma è costante il pensiero e l’apprensione per la gente di Crema, per i miei ex calciatori che vivono lì con le loro famiglie».
Lei conosce bene la serie C: si aspettava l’exploit di Monza, Vicenza e Reggina? Invece quale squadra l’ha delusa? «Ero convinto delle potenzialità del Vicenza. La Reggina, invece, mi ha sorpreso: non era facile primeggiare in un girone con Bari, Ternana e altri ottimi avversari. Mi ha deluso il Siena, tra le più accreditate alla promozione in B. Un discorso a parte lo merita il Monza. Berlusconi è un vincente. L’ho conosciuto quando ero nelle giovanili del Milan. Non ci faceva mancare nulla, l’organizzazione era perfetta. Una sera venne a cena con noi, avevamo appena vinto il Torneo di Viareggio. Carismatico, simpatico, ha una marcia in più».
Da Berlusconi a Zdenek Zeman. Con il boemo ha esordito in serie B, con l’Avellino. «Può sembrare un burbero, ma non è così. Quell’esperienza mi ha formato, nonostante la retrocessione. Patimmo qualche sconfitta di troppo a inizio stagione, se il campionato fosse durato un altro mese chissà, ci saremmo salvati. Era piacevole allenarsi con lui, ma il ritiro estivo è stato traumatico: per una settimana abbiamo mangiato solo minestrone, qualche compagno ha rischiato di svenire dopo dieci chilometri di corsa. E quanti segni della croce durante le partite: vedevo arrivare tre, quattro avversari per volta, tutti insieme, e non sapevo mai chi fermare per primo».
Grazie a Zeman lei ha conquistato la A: prima il Parma, poi il Napoli. Cosa ricorda di quegli anni? «Cose belle: l’esordio al Meazza contro l’Inter. Silvio Baldini ebbe coraggio, mi schierò titolare contro Vieri e Adriano. Il rammarico più grande? L’eliminazione in semifinale di Coppa Uefa, contro il Cska Mosca. Dal Parma passai al Napoli e ricordo ancora l’emozione che provavo quando entravo in campo. Il San Paolo pieno, il calore dei tifosi. Uno spettacolo».
Lei ha giocato in Spagna, con il Zaragoza: differenze con il calcio italiano? «Arrivai a gennaio, eravamo ultimi con 14 punti. Ne conquistammo 27 nel girone di ritorno e ci salvammo. In Spagna si vive il calcio con più spensieratezza, meno tattica e più lavoro con il pallone».
Cosa si aspetta dal futuro? «Stavo seguendo il corso a Coverciano, ma il Coronavirus ha congelato tutto. Per adesso penso alla salute e aspetto che arrivi presto qualche offerta».
Fonte: CdS