Il Napoli e il suo popolo lo ignoravano, certo, ma Camilo Zuniga è stato un grande alleato nella trattativa che un’estate fa avrebbe potuto portare James Rodriguez in azzurro. «Gli consigliavo di accettare. Gli dicevo che al San Paolo sarebbe diventato un Dio».
La verità di Camilo detto Cami. Questa e altre svelate a Gol Caracol, nel corso di un’intervista virtuale rilasciata dal corridoio di casa con l’inconfondibile gamma di gesti e movimenti da ballerino di cumbia a coté. Sì, era così anche in campo, sembrava quasi che danzasse con il pallone sull’onda delle finte; e sebbene la sua carriera sia stata interrotta troppo presto da un infortunio al ginocchio destro, da queste parti non è mai stato dimenticato. Mai. E a quanto pare anche lui continua a portare nel cuore la città e i tifosi: «Rifiutai la Juve e il Barça e scelsi di restare per l’affetto della gente». Correva l’anno 2013, una vita fa.
TRA LA GENTE
E allora, la quarantena di Zuniga. “Quarentena”. Certo, in spagnolo si dice così. E d’accordo la vocale differente, però la storia non cambia: «Usciremo da tutto questo, colombiani», l’ultimo messaggio social scritto e firmato sotto un’immagine che lo ritrae pensieroso al cospetto di un calice di vino rosso. Decisamente più toccanti, però, sono i video pubblicati sulla pagina della sua fondazione, “Fundacion Deportiva y Escuela Camilo Zuniga”: ce n’è uno in cui Camilo, cappellino rosso e maglia della Colombia, parla e dà coraggio a chi soffre; e un altro in cui distribuisce con guanti a mascherina alimenti e beni di prima necessità ai poveri di Chigorodò, paese di quasi 60 mila abitanti tra le montagne del dipartimento di Antioquia, non lontano da Medellin. La sua culla, le origini.
AMORE AZZURRO
Oggi lui vive in città in una bella casa insieme con la moglie Angelica e la piccola Sofia, nata a Napoli nel 2011, però evidentemente il passato è ben custodito. Compresa la lunga parentesi azzurra: dal 2009 al 2016; anzi al 2018 considerando che, a dispetto dei prestiti al Bologna e al Watford, il cartellino è sempre stato di proprietà del club di De Laurentiis. Sì: in virtù del rinnovo milionario, ricchissimo, firmato nel 2013 alla viglia della partita di Champions con l’Arsenal e soprattutto dell’infortunio che proprio nel 2018 lo ha costretto al ritiro, a 33 anni, dopo un ultimo tentativo con l’Atletico Nacional di Medellin. A proposito: quel contratto arrivò dopo una trattativa estenuante portata avanti tra un paio di insidie notevoli. «Avevo altre offerte: sarei potuto andare alla Juve e al Barcellona, sì, però alla fine scelsi il Napoli per l’amore dei tifosi. Per l’affetto della gente».
All’epoca in quella squadra c’era un altro colombiano, Pablo Armero, suo amico e collega di Nazionale: «Quando arrivò lo fecero dormire con il capitano Hamsik, ci divisero, ma il giorno dopo vidi Marek discutere animatamente in sala da pranzo. Mi avvicinai e lui: ‘Non posso andare avanti con Armero. Non dormo più con questo signore: stanotte gridava’. Era sonnambulo! E così lo mandarono da me: una volta, in ritiro, si alzò dal letto e cominciò a prendere a pugni la parete. E poi uscì nudo sul balcone! Che ridere».
Grande serietà, invece, su James: «Mi chiedeva di Napoli e io gli dicevo che sarebbe stato un po’ come in Colombia, tipo Barranquilla o Cartagena, perché la gente è calda, appassionata e divertente. Gli dissi anche: se vai a Napoli diventerai come un dio, ti adoreranno. Al San Paolo toccherai il pallone e tutti si alzeranno in piedi. Gli consigliai di accettare: gli dicevo che avrebbe giocato sempre e che lo avrebbero amato sempre. Un’occasione perfetta da cogliere».
La Redazione