In Germania 13 società possono saltare con lo stop
È allarme anche in Italia quel calcio a rischio default. Solo 6 club su 20 in Serie A hanno chiuso l’ultimo bilancio in attivo. Le perdite, che superano i 340 milioni di euro, sono state ripianate con ricapitalizzazioni o con l’indebitamento finanziario (come i bond). Poche proprietà possono reggere l’urto. E la partita con le tv è aperta.
Il calcio italiano deve tornare in campo, perché la sospensione definitiva della stagione (come paventata dal ministro della Salute, Roberto Speranza) esporrebbe al default almeno l’85% dei club di Serie A, con un rischio fallimento per molte di queste realtà. In Germania, sistema più solido di quello tricolore (sotto il profilo della sostenibilità finanziaria) la Federcalcio (DFB) ha lanciato l’allarme: se non si termina il campionato spariranno 13 club della Bundesliga 1.
Se si sposta il focus in ambito domestico, lo “stato dell’arte” è ancora più preoccupante. Solo 6 dei 20 club di “A” (partendo dall’analisi dei bilanci 2019) hanno presentato risultati finanziari positivi. In molti casi grazie esclusivamente alla leva delle plusvalenze. Il resto del plotone, di cui fanno parte anche società del calibro di Juventus, Inter, Milan e Lazio, hanno pubblicato conti in “rosso”. Complessivamente il 66% delle società ha fatto registrare perdite pari a 344,97 milioni di euro.
La stragrande maggioranza di queste realtà si è trovata a dover ricapitalizzare o a a scegliere la strada dell’indebitamento finanziario per riequilibrare i conti (come nel caso del bond non convertibile emesso, nei mesi scorsi, dalla Roma). Manca liquidità nelle casse delle società e senza le plusvalenze la quasi totalità dei club presenterebbe dati fortemente negativi. Con conti così fragili il sistema calcio nazionale ha necessità di terminare il campionato, anche perché mancano all’appello ben 124 gare ufficiali.
Stipendi. C’è poi un ulteriore rischio collegato al tema dei pagamenti degli stipendi. Le mensilità di gennaio, febbraio e marzo devono essere pagate entro il prossimo maggio. I club potrebbero essere chiamati ad onorarle dai loro stessi tesserati (senza considerare l’ipotesi “svincolo). Le società di appartenenza sarebbero poi costrette a regolarizzare le posizioni nei successivi 60 giorni (dall’eventuale messa in mora).
Proprietà solide. In attesa della ripartenza, dovranno intervenire, con mezzi propri, le proprietà dei club, soprattutto se la querelle dei diritti tv dovesse finire nelle aule di tribunale. A fare la differenza, nei prossimi mesi, pertanto sarà la solidità dei patron di molte squadre tricolori.
Juventus (forte della presenza della holding Exor), Inter (nell’orbita di Suning holdings group), così come Atalanta (legata agli interessi della famiglia Percassi), Udinese (Pozzo) Napoli (De Laurentiis), Bologna (Saputo), Cagliari (Giulini) e Lazio (gestita con attenzione da Claudio Lotito) possono resistere (non senza difficoltà) all’impatto negativo dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Ma in caso di sospensione definitiva non è possibile quantificare gli effetti negativi di una scelta così drastica, oltre che scellerata sotto il profilo politico.
(*) direttore agenzia Sporteconomy.it. Fonte: CdS