Dalla lunga intervista rilasciata da Ferrara al CdS
Ferrara resta, nell’immaginario, un ragazzino, che però sta per diventare nonno. «Tra dieci giorni mia figlia Benedetta diventerà mamma di un maschietto. E conoscerò anch’io una nuova fase della vita, emozioni inedite».
Le sue magliette saranno per i nipoti, allora. «E per i miei tre ragazzi. Ne ho tante, le ho collezionate e me le vado a guardare, adesso ho davanti a me quelle di Cantona, Mancini, Ortega, Bruno Conti, Butragueno, Ronaldo il Fenomeno. Ma non sto qui a contarle».
Quella di Maradona ha un valore simbolico diverso. «Per ciò che ci siamo detti. Perché mi riporta a quel giorno, al momento in cui seppi di giocare, alla indicazione di Vicini, il Ct, sull’uomo da marcare: era proprio Lui, con la maiuscola».
La sua carriera è un cerchio che si chiude. «Debutto in serie A in Napoli-Juventus e ultimo calcio, diciamo così ufficiale, sempre al San Paolo, in sfida incrociata tra i compagni delle mie due squadre, il Napoli e la Juventus. Doveva essere il mio addio al calcio, si trasformò nel ritorno di Diego a Napoli. Stadio pieno, entusiasmo incontenibile. Un regalo di dimensioni colossali che quel Fenomeno irripetibile mi fece: quando lo invitato, sapevo che poteva essere difficile averlo, perché di impegni ne aveva, perché difficoltà ce ne potevano essere. Quando invece ci salutammo, finita la partita, lui mi disse: “non c’è mai stato un istante in cui non è esistita la possibilità che io non fossi qua. Io dovevo esserci, per te”. Maradona non è replicabile, neanche negli affetti».