CDS – È il momento di avere tutti gli arbitri, professionisti

L’emergenza del Coronavirus ha messo l’accento anche su alcuni aspetti e mancanze dell’AIA. Perché mai come in questi giorni si è capito che anche la componente arbitrale, ad iniziare dai vertici, deve avere strutture sicuramente più agili, al passo con i tempi, aperte nei confronti del mondo, ma sicuramente deve abbandonare quel ruolo di “dilettanti” che poteva andare bene venti, trent’anni fa, non oggi. C’è bisogno, a tutti i livelli, di professionismo: chi va in campo lo ha sempre ben presente (e solo pochi sanno che molti arbitri e guardalinee, in questi giorni di lockdown, hanno fatto salti mortali per potersi allenare con mezzi propri, altro che tapis roulant e cyclette che le società di serie A hanno messo a disposizione dei propri tesserati), ma ora deve tradursi anche in altri ambiti, economici soprattutto. Impensabile, nel 2020, che un arbitro top level prenda forse quanto (se non meno) del meno pagato di una rosa di serie A. In questo senso, qualcosa si sta muovendo, per spirito d’iniziativa di chi in campo ha fatto esperienza ed è lungimirante piuttosto di chi ha avuto anni a disposizione per cambiare le cose ed invece ha pensato ad altro. Non è utopia pensare a novità sotto il profilo dei contratti, attualmente rimasti ancorati a vecchi concetti: una parte fissa, legata ai così detti diritti d’immagine (la cifra dipende dalle partite di A e dal grado, se sei internazionale arrivi anche a 80 mila euro lordi all’anno), ed una parte ancorata invece alle partite dirette, alle gare da VAR o da quarto uomo. E’ arrivato il momento dei professionisti.

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