Parla il greco:«Gattuso è un lavoratore straordinario, con il quale ho un rapporto speciale: ora lavoriamo da casa, ho anche un fisioterapista personale, ma sino a quando ci si allenava in campo, io ero il primo che veniva minacciato dal mister». Qui c’è ovviamente da interpretare il senso autentico di una «forzatura» un po’ goliardica che Kostas Manolas offre parlando attraverso la radio ufficiale del Napoli di questa empatia nata immediatamente con Gattuso e che però non ha cancellato (com’è giusto che sia) assolutamente del passato, di ciò che è stato Carlo Ancelotti:
«Per il quale posso solo sfruttare belle parole, perché è una persona straordinaria». Qui c’è un silenzio che avvolge e poi distrae, trascinando anche un «duro e puro» come Manolas in un gorgo malinconico, nel quale s’avverte l’assenza di quella normalità che appartiene a chiunque, e dunque anche ad un calciatore. «Vorrei tornare in campo, ma chiaramente non si può. Ed allora dico a tutti che bisogna aver pazienza, che è giustissimo restare a casa per fare in modo che si possa presto tornare a rivivere la nostra vita. E quando si ricomincerà, mi piacerà giocare con il Barcellona, contro il quale siamo stati sfortunati, e farlo con la convinzione di crederci».
TUTTI A CASA
Però adesso, ovviamente, c’è altro che ronza nella testa, pensieri sparsi che diventano tormento, una preoccupazione latente che resta e corrode. «Bisogna impegnarsi a fare qualcosa in più, per il bene di tutti noi, del Mondo. Utilizzare questo dramma collettivo come una lezione dalla quale imparare a gustare le piccole gioie che a volte non apprezzavamo. La mia famiglia è in Grecia, dove i contagi sono ridotti: sono tranquillo, per le notizie che arrivano da Naxos, il mio paese, ma so che è indispensabile fare attenzione, non abbassare assolutamente la guardia». E quando tutto passerà, e sembrerà anche plausibile divagare, Kostas Manolas ripartirà da se stesso, da quelle «quattrocentocinquanta partite ufficiali, circa, che fanno di me un calciatore maturo» per abbandonarsi dolcemente – se sarà possibile – al Camp Nou, ripensare a quel gol con la Roma che servì per eliminare il Barcellona, rivedere Koulibaly al suo fianco («sono stato sfortunato, siamo riusciti a giocare poche volte assieme, ma lui è un grande, lo vedevo con Sarri e con Ancelotti») e poi provare persino a sognare «per rilanciarci verso quegli obiettivi che questa squadra merita: con Gattuso avevamo ripreso il nostro cammino. Abbiamo anche la Coppa Italia da dover affrontare, e sarebbe comunque una bella soddisfazione».