Claudio Ranieri a 68 anni è il grande saggio del calcio italiano. E’ sempre sul pezzo, come ama ripetere, ha ancora con l’entusiasmo di quando era ragazzino, eccolo ai microfoni del Cds
Allora Ranieri, la sua proposta di fare cinque cambi a partita ha aperto un dibattito… «Ho una mia idea su tutto quello che stiamo vivendo e su come potremo uscirne. Tutto deve dipendere dai medici. Non conosciamo il virus, non sappiano fino a dove può arrivare, quali organi può mettere a rischio. Gli atleti sono macchine perfette, che dobbiamo spingere al massimo, con rispetto. So che alcuni miei ragazzi dopo leggeri allenamenti si sentivano debilitati e nei prossimi mesi andremo a giocare ogni tre giorni. E’ difficile anche fisicamente, non solo psicologicamente. Chi non è abituato, se avremo la possibilità di fare più cambi, può recuperare più facilmente. Siamo ancora in piena emergenza, ci servirebbe un mese di tempo per andare ad affrontare tre partite a settimana, si giocherà con il caldo, parecchi miei atleti sono stati colpiti dal virus. Dobbiamo dargli la possibilità di recuperare. Non sono macchine che mettiamo in pista e spingiamo sull’acceleratore».
Quindi qual è la sua idea sulla ripresa dell’attività? «Sono i medici che ci devono dire come fare. La comunità scientifica, i medici sociali che devono darci il parere positivo, dopo aver fatto tutti i test: cuore, polmoni, reni, perchè non sappiamo il virus dove può colpire. Quando andiamo a intensificare l’attività le difese immunitarie si abbassano, io sono solo un allenatore, devo essere sicuro che quando la comunità scientifica mi mette a disposizione il giocatore può fare tutto. L’incolumità degli atleti deve essere al primo posto».
Intanto tra i dirigenti sportivi ci sono divergenze di vedute, per usare un eufemismo… «Non voglio entrare in questa polemica, io faccio l’allenatore, mi dicono di giocare e io gioco, capisco che sarebbe un casino non portare a termine i campionati, accetto tutto. Ma dateci la sicurezza degli atleti e il tempo di prepararli».
Entro quali tempi si potrà riprendere a giocare? «Dal momento che non c’è più l’Europeo far slittare tutto in avanti è una soluzione ottima e facciamo in modo di finire questo campionato, poi andremo ad allinearci con le esigenze delle Nazionali in vista del Mondiale che si giocherà tra novembre e dicembre. In questo modo si riuscirà a fare tutto, anche le coppe. Per riprendere si deve avere la garanzia che non ci siano contrattempi. Leggo che ci sarà la necessità di isolare le squadre, ma come faremo con il personale dell’albergo? Dovranno avere gli scafandri. I camerieri una volta terminato il lavoro andranno a casa, bisognerà fare attenzione per tenere i giocatori isolati».
Sta pensando come riprendere l’attività con la Sampdoria? «Non abbiamo una foresteria, dovremmo tornarcene a casa o stare tutti in albergo, con le attenzioni che dicevo prima».
I club di serie A sembrano divisi da interessi di classifica: Lotito è per tornare a giocare, Cairo e Cellino guidano il fronte del no. «Io sono un uomo di sport e mi attengo alle disposizioni generali. Che poi dietro ci siano interessi personali è umano. Tra l’altro Cairo ha anche un quotidiano sportivo e avrebbe beneficio se si riprendesse a giocare, non credo che il Torino rischi».
Stava portando a termine un altro miracolo, con la Sampdoria, prima dell’interruzione del campionato. «Eravamo in una buona condizione di forma e di morale. Ora si ripartirà tutti da zero. Sarà sempre un campionato falsato perchè è un campionato anomalo, si è fermato e non si sa quando ripartiremo».
Come ha vissuto l’esperienza dei suoi giocatori risultati positivi? «Mi ero preoccupato molto, ma quando li ho sentiti avevano uno stato d’animo positivo, li ho rincuorati. Sono stati colpiti leggermente dal virus. Ma quello che sta succedendo nel mondo è incredibile».
La gente è preoccupata. «Ci sono mille piccole aziende, tanti lavoratori autonomi in grande difficioltà. Persone che non possono pagare l’affitto. Sarà importante far ripartire tutte le attività del Paese. Aspettiamo il Governo, siamo fiduciosi».
Oggi la Sampdoria sarebbe salva, la prese quando era ultima in classifica. E’ tornato Ranieri l’aggiustatore. «Ho cercato di ricreare uno spirito positivo, questa squadra negli ultimi anni ha sempre fatto bene all’andata e poi è calata. Non è un gruppo abituato a lottare per la retrocessione. E’ importante che questi ragazzi ritrovino quello spirito agonistico che ci aveva permesso di salire in classifica».
Anche Quagliarella si era rimesso a segnare. «Un campione che vede la porta… Il capocannoniere dello scorso campionato aveva solo bisogno di ritrovare fiducia. La vita del goleador è così, ci sono momenti negativi. Ho sempre creduto in lui, con i suoi gol ci possiamo salvare. Poi ci sono i giovani. Leris, Bonazzoli, De Paoli, a gennaio è arrivato La Gumina che ci potrà dare una grossa mano».
Come va con Ferrero? «Il rapporto con il presidente è molto solare, sincero. Parliamo romano, ci capiamo facilmente. L’importante è capirsi… E’ stato facile convincermi, perchè la Samp mi è sempre stata simpatica. Ha avuto gioco facile con il suo entusiasmo. Anche con i tifosi ho un rapporto magnifico. Si sono calati con noi in questa lotta per restare in serie A».
Alla ripresa affronterà la Roma. «Mi fa sempre un certo effetto tornare all’Olimpico. Da tanti anni sono andato via, sono tornato due volte, ma sempre con grande emozione. Sono contento del lavoro che sta facendo Fonseca, un grande lavoro, sia tattico che psicologico. Mi piace molto come gioca la Roma».
Però questo sarà un ritorno particolare, per la prima volta dopo le lacrime d’amore per la sua ultima panchina giallorossa... «Quella partita era la festa di De Rossi. Non mi aspettavo i cori per me, i tifosi mi hanno preso alla sprovvista. Mi hanno fatto enormemente piacere, perchè faccio questo lavoro per la passione che mi trasmette, come se fosse il primo giorno. Non è facile avere entusiasmo, sono un combattente, mi piace aggiornarmi, stare sul pezzo».
Lo scudetto con il Leicester è un’impresa irripetibile? «Spero di no, ripetere un’impresa del genere in Italia sarebbe bello, mi auguro che possa accadere, a me o a qualcun altro».
A lei ne è rimasta un’altra nel cuore. «Portai il Cagliari dalla C alla A, non sapevo ancora se ero adatto a fare l’allenatore. E’ stata la mia favola, il mio trampolino di lancio. Resterà per sempre il momento più importante della mia carriera».
Una più recente l’ha sfiorata con la Roma. «Una gran bella stagione. Peccato che ci siamo persi punti per strada. Tutti si ricordano la sconfitta contro la Samp, quando vincevamo e potevamo fare altri due o tre gol e, invece, perdemmo. Io dico che pesano i punti persi contro il Livorno, che fu retrocesso. Prendemmo un solo punto in due partite».
Totti un anno fa la scelse come allenatore della Roma. L’ultimo atto da dirigente prima di andarsene. «Credo che andare via sia stata una decisione ponderata e molto sofferta. Gli va dato atto che ha fatto una scelta molto importante. Gli auguro di fare il grandi cose anche lontano dalla Roma, di raggiungere il massimo come da calciatore, ora che vuole scoprire nuovi talenti».
Anche De Rossi se ne è andato facendo molto discutere. Lui vuole fare l’allenatore. «Ha il carattere e il carisma per farlo e il padre lo può instradare bene. E’ un ragazzo intelligente come il papà, riuscirà a calarsi nella nuova dimensione, completamente diversa».
Ad aprile del 2010 lei tolse Totti e De Rossi nell’intervallo e la Roma vinse il derby. «Se fosse andata male sarei rimasto a via dei Gladiatori. Ma sono abituato a prendermi le responsabilità. Mi sembrava che sentissero troppo la partita, ma parteciparono ai festeggiamenti finali. Fu decisivo il rigore parato da Julio Sergio».
Eppure dopo quell’episodio sono sempre stati dalla sua parte. «Mi sono stati vicini anche quando sono tornato. Hanno rispettato l’allenatore, che deve fare delle scelte, anche impopolari. Se un allenatore non è determinante non può fare questo mestiere. Se non sei leale con te stesso e neanche verso la squadra i giocatori lo avvertono».
Lei prepara le partite studiando i punti deboli dell’avversario. «Ora lo fanno tutti, io quando ho cominciato facevo tutto da solo, con una centralina Sony andare a cercare immagini e le facevo rivedere alla squadra. Da giocatore mi segnavo tutte le finte degli avversari che dovevo marcare».
L’attaccante che l’ha fatta soffrire di più? «Passalacqua della Reggiana. Non riuscivo proprio a capirlo».
Ha esordito nella Roma con Scopigno. Ha preso qualcosa da lui? «Un giocatore che poi diventa allenatore prende da tutti, ma poi sei un uomo solo, i giocatori ti vivisezionano, devi essere te stesso. Io ho fatto questo».
E’ vero che è rimasto legato ai suoi compagni del Catanzaro dei miracoli? «Sì, sono in contatto con Pellizzaro, Silipo, Banelli, Spelta, Braca, Palanca, poi con Nicolini, Arbitrio, Vichi, Novembre. Ci vediamo al mare in Calabria. Anche con Di Marzio, che era l’allenatore. Con lui ho vinto due campionati, a Catanzaro e a Catania, fu lui a chiamarmi per propormi la prima panchina, a Lamezia».
Totti è stato il più grande giocatore che ha allenato? «Francesco era tutt’uno con il pallone, aveva una visione di gioco eccellente, capiva lo sviluppo dell’azione prima degli altri. Ma ne ho avuti tanti: Romario al Valencia, poi Batistuta, Francescoli, Fonseca, Careca, Del Piero, Lampard, John Terry e sicuramente dimentico qualcuno».
Prese il Napoli del dopo Maradona. «Ferlaino voleva comprare un numero 10 e io gli dissi di no perchè tutti avrebbero fatto il paragone con Diego. Gli dissi di puntare su Zola e andò bene».
La Roma non vince da tanti anni. «La politica di vendere sempre i giocatori migliori non paga, ma sappiamo benissimo che oggi c’è un’imprenditoria che gestisce le squadre di calcio. Bisogna far quadare i conti. Quando ci sarà la possibilità di trattenere i campioni si tornerà a vincere. Aver inserito giovani importanti con gli anziani giusti è un bel progetto».
Lo scorso anno ha allenato Zaniolo. E’ il nuovo talento del calcio italiano? «Nicolò è un grande giocatore che fa la differenza. Ha tutte le qualità, è molto umile, ha una grande forza interiore, può arrivare al top. Va bene come lo sta facendo giocare Fonseca, lui è mezzala o esterno a tutto campo. La sua forza dirompente è quella di strappare la palla e ripartire».
Vorrebbe che suo nipote facesse il calciatore? «Auguro a Orlando di avere la fortuna di scegliere quello che più gli piace fare».
La Redazione