Coronavirus – Gli odontoiatri solo dopo l’estate, le aziende agricole anche subito. Così come la Basilicata, dove a Melfi c’è lo stabilimento di Fca. Ma al di là del calendario a macchia di leopardo di attività più o meno prossime a rimettersi in moto, sembra sempre più probabile che si procederà con diverse velocità territorio per territorio. Ovvero Lombardia, Piemonte orientale, Emilia Romagna settentrionale, Veneto, dovranno attendere o quantomeno muoversi con molte cautele in più, perchè la circolazione del virus, come risulta anche dai dati di ieri, è ancora molto alta.
Questa indicazione è stata messa nero su bianco nel verbale del comitato tecnico scientifico che affianca governo, task force, capo della protezione civile Angelo Borrelli e commissario Domenico Arcuri. Un punto fermo, quello della ripresa a scacchiera, che diventa il punto di partenza della fase 2, i cui tempi sono in fase di definizione. Il consiglio dei ministri di lunedì prossimo, che autorizzerà un nuovo scostamento di bilancio necessario per un nuovo maxi-decreto – non dovrebbe avere sul tavolo un nuovo Dcpm. Il permesso di riaprire per singole attività – a breve per il comparto moda, automotive e mobilifici – può essere dato attraverso i codici Ateco in base alle valutazioni di rischio.
A palazzo Chigi invitano alla prudenza e non assecondano nessuna delle ipotesi su tempi e modi della ripartenza: le decisioni saranno comunicate solo dopo la conclusione dei lavori della task force sulla fase due, che ad ora non si sarebbe data una deadline. Oggi si riunisce a palazzo Chigi, sempre in videoconferenza, la cabina di regia con il premier Conte e i ministri Boccia e Speranza che incontrano i presidenti di regione. Il problema per Conte è che proprio laddove c’è più diffusione del virus, più è alta la voglia di ripartire. E così, mentre Fontana e Zaia premono, De Luca si muove in senso opposto e minaccia di chiudere la Campania a chi proviene dal Nord. Nella maggioranza frenano non solo il ministro della Salute Speranza ma anche il reggente del M5S, Vito Crimi, che invita a non dare per scontata la fine del lockdown il 4 maggio. Prudenza anche nel Pd, che però spinge per avere regole e indicazioni precise, senza affrettare i tempi, ma neppure lasciando nell’incertezza intere categorie di lavoratori.
L’idea di fondo resta quella di suddividere l’Italia in tre macro aree (nord, centro, sud), ma all’interno di esse i comportamenti e la circolazione non saranno omogenei, dipenderanno dall’indice di contagio R0, ed è possibile che vengano istituite nuove zone rosse. «Una seconda ondata di epidemia in autunno più di una ipotesi è una certezza», ha detto ieri Walter Ricciardi, rappresentante italiano Oms. Ogni 15 giorni verrà verificato l’andamento dei contagi, pronti a richiudere subito se necessario. Fonte: Il Mattino