Edy Reja: “In questo momento giusti i cinque cambi”

Soluzione ottima, ma solo per l’emergenza  «I cinque cambi sono necessari   con tanti incontri ravvicinati.  Però nella normalità 3 bastano»

Anche lui, Edy Reja, aspetta che si ricominci. E lo fa restando, come tutti, in casa. Favorevole, vista la situazione, a qualche cambio in più… 

«Sto a casa da quaranta giorni, qui a Lucinico, in Friuli, a due chilometri dal confine sloveno. Ma oggi sono contento, mi hanno appena contattato per fare il testimonial per la candidatura dei comune di Gorizia e Nova Gorica come capitali della cultura 2025: è una cosa bellissima, siamo una zona di confine, la conoscono in pochi, può essere una grande opportunità. Ho accettato, anche se ho detto: non so mica se ci sarò tra cinque anni (Ride)». 

E’ bello sentirla di buonumore. «E’ un momento complicato per tutti, per fortuna ho un giardino abbastanza grande».

Quanto grande? (Ride) «Ehm…ehm..cinquemila metri. Curo le piante, i fiori, azalee e rododendri i miei preferiti»

Edy Reja, ct dell’Albania, parliamo di calcio: qui si discute della possibilità dei cinque cambi. Che ne pensa?
«E’ una cosa che va fatta. Se come sembra – e come spero – si tornerà a giocare presto, ci saranno tante partite ravvicinate. Per avere rendimenti all’altezza e garantire l’intensità alla tua squadra devi avere l’opportunità di ruotare molti giocatori. A proposito: credo sia giusto tornare a giocare il prima possibile, appena le condizioni di salute lo permetteranno e dopo tutte le visite mediche necessarie».

Ma le cinque sostituzioni non equivalgono a certificare la fragilità dei giocatori in un momento condizionato dal Coronavirus? «Sì, è vero, ma in questo momento è così. Stiamo vivendo una situazione anomala, anche il regolamento si concederà un’anomalia. Ma del resto ormai quasi tutte le squadre di Serie A hanno 20-22 elementi di livello più alcuni ragazzi».

Saranno avvantaggiate le squadre con più giocatori? «Direi quelle con i giocatori migliori. La Juventus ha due squadre di livello, il Napoli in questo senso fa più fatica».

Ritiene che i cinque cambi dovranno essere adottati anche in una situazione di normalità? «No. Credo che i tre cambi siano sufficienti. I cinque cambi vanno bene adesso, per l’emergenza. Ma tre bastano e avanzano».

Quando lei ha debuttato in A – nel 1963 – le sostituzioni non esistevano. Se ti facevi male stringevi i denti e finivi all’ala, confinato in una terra di nessuno. «Mi ricordo: ti facevi male e l’allenatore ti diceva stai là e non fare danni. Il portiere di riserva venne ammesso nel 1965».

E il primo calciatore di movimento – il 13 – nel 1968. «E già ci pareva una gran cosa. Quando ho cominciato ad allenare io c’erano i cinque in panchina. Sai che siamo stati noi allenatori, in una riunione a Coverciano, a chiedere anni fa che in panchina si potessero portare dodici giocatori».

Un’altra squadra praticamente. «Il problema era mandarli in tribuna, somigliava a una bocciatura e non lo trovavamo giusto. Meglio averli accanto, così da far partecipare tutti: è molto più gratificante».

Curiosità finale: un suo giocatore ha mai rifiutato di entrare in campo? «Fammi pensare…sì, Klose una volta mi ha guardato storto. Mancavano un paio di minuti, non voleva entrare, ma avevo bisogno di far tirare il fiato a un suo compagno che non stava più in piedi. Mi ha guardato come dire: io per due minuti non entro».

E lei? «L’ho guardato come dire: tu per due minuti entri, altro che».

E’ entrato? «Certo che è entrato, avevi dubbi?».

Fonte: CdS

 

 

 

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