Il dottor Roberto Parrella, direttore del dipartimento di malattie infettive a indirizzo respiratorio presso l’ospedale Cotugno, è in prima fila nella battaglia contro il Coronavirus. È appassionato di sport, i figli Pierpaolo e Jacopo giocano a pallanuoto. «Si allenano da oltre un mese a casa, vorrei rivederli presto in piscina ma…».
Ma? «I tempi per una riapertura non possono essere brevi».
Si può tentare di quantificare? «Fino al 3 maggio c’è un blocco delle attività, anche se alcune sono gradualmente riprese. Dopo, bisognerà studiare con attenzione la situazione, auspicando che i cittadini siano rispettosi delle indicazioni come è accaduto finora. Se la fase-2 fosse un preambolo della fase-1 torneremmo pericolosamente indietro».
La commissione scientifica della Figc ha fissato alcune regole per la riapertura, a cominciare da uno screening pre-ritiro e dai tamponi. «È fondamentale per individuare un eventuale positivo: inserirlo in un gruppo senza questi opportuni controlli provocherebbe notevolissimi danni. È chiaro che non basterebbe un tampone iniziale: dovrebbe esservi uno screening periodico, così come la sanificazione degli ambienti andrà compiuta in maniera costante».
Il ritiro metterebbe al riparo dal rischio di contagio un’ampia comitiva composta da giocatori, tecnici, assistenti? «Si creerebbe senz’altro una zona di lavoro protetta. Può essere una buona idea, ovviamente se tutti i tamponi risultassero negativi».
Il presidente federale Gravina non ha escluso il concentramento delle partite in alcune città, così come ipotizza la Premier League: può essere una soluzione per evitare ulteriori rischi in città della Lombardia? «Il problema della movimentazione è delicato nella fase-2 perché nella fase-1 i mezzi di trasporto hanno funzionato ma c’è stata una minore circolazione di persone. Come è noto, si sta valutando una riapertura in base al livello epidemiologico di città e regioni. Gli spostamenti verso alcune zone che sono tuttora focolai di contagio possono rappresentare un fattore di rischio, così come la presenza di pubblico alle manifestazioni sportive».
Questo finale di stagione sarà sicuramente a porte chiuse: e poi? «Dipenderà dall’evoluzione del contagio. Ma è evidente che una gran massa di persone non è controllabile: servirà un test sulla popolazione per capire la velocità di diffusione del virus».
Uno sport di contatto crea ulteriori fattori di rischio? «Ci vorrà molta cautela sui tempi di ripresa delle attività sportive proprio perché possono crearsi situazioni di difficoltà: è ormai chiaro a tutti che non si tratta del rischio di trasmettere un’influenza, ma qualcosa di molto più grave a chi è più debole o suscettibile».
Fonte: Il Mattino