Ulivieri: “Ricominciare consapevoli di ciò che accade intorno”

Il Presidente dell’ Associazione Allenatori, Renzo Ulivieri, ha paura, come tutti. Ma è convinto che nel momento in cui i medici, la scienza ed il buon senso diranno che è possibile, il calcio debba ripartire. Ritornano a lavoro gli operai, per cui…

Anche se si giocherà in estate? «Anche se si dovesse andare in campo ogni due giorni, certo. I campionati sono da portare a termine, pure a costo di finire la stagione ad agosto. Sì, questa è la strada da percorrere dopo che i medici avranno assicurato che non ci sono più pericoli per la salute. Perché la premessa è questa: toccherà a virologi ed esperti dire l’ultima parola. E il calcio si muoverà di conseguenza. Non un attimo prima e solo in totale sicurezza. La popolarità di questo nostro sport è la ragione che spinge ancora tutti a credere e a sperare in una ripartenza. Sempre meglio il campo che decidere a tavolino».

Non rischia di essere una stagione falsata: il caldo e le porte chiuse. «Ma almeno si avrà una risposta sul campo. Certo, senza pubblico non è lo stesso ma per un periodo breve i calciatori si ingegneranno a trovare le giuste motivazioni senza l’aiuto delle persone sugli spalti».

E se spuntasse fuori a maggio un altro positivo? «Mi pare che le indicazioni sono rigide in caso di ripresa degli allenamenti: bisogna vivere blindati in un centro tecnico, tra attenzioni di ogni tipo anche in famiglia. In queste condizioni, difficile che possano esserci altri contagi».

E gli allenatori? «Aspettano, consapevoli della gravità del momento. Non decidono loro quando tornare ad allenare le proprie squadre, né lo decidono i presidenti. Lo decide il governo con i medici». Qualche allenatore vorrebbe far finire qui la stagione? «Sono tutti più giovani di me, in pochi hanno davvero paura… È vero che è un virus che non fa distinzione di età, ma quelli che devono stare attenti sono i vecchietti come me, le statistiche parlano chiaro. E alla mia età nessuno va più in panchina».

I presidenti hanno deciso per il taglio degli stipendi. «Quel comunicato della Lega di lunedì è stato scritto con i toni del padrone. Ma a parte questo, nella sostanza non si può dire che i presidenti hanno torto. Tutti devono dare una mano all’azienda che è in difficoltà. Ma tutti, non solo i dipendenti».

Con la decurtazione degli ingaggi, si potrebbe fare un fondo di solidarietà per i tecnici delle serie minori? «Si potrebbe, ma le aziende non lo faranno».

Lo potreste fare voi? «E in questo caso sarà possibile. E non escludo che è quello che faremo».

La manfrina sulle porte chiuse-porte aperte di inizio marzo non ha dato una bella immagine del calcio. «Erano giorni di confusione. Non si sapeva quello che stava succedendo, anche la scienza si trovava davanti a un fenomeno di cui sapeva poco o nulla. E poi mica solo il calcio? Ricordo ancora chi diceva “apriamo tutto” e subito dopo “chiudiamo tutto”».

E se fosse la grande occasione, questa enorme tragedia, per cambiare le cose? «Il mio timore è che si riparta con le logiche di prima. E quindi chi sta peggio ora andrà ancora peggio dopo. Ma davvero ci si illude che ci sarà chi capirà il senso delle cose accadute? La paura mia è chi sta male ora dopo se la caverà malissimo».

Quali le cose che la fanno arrabbiare? «I discorsi di chi antepone le logiche dell’economia in un momento così terribile».

Da dove ricominciare? «Dal tenere presente, sempre, in ogni casa, che adesso c’è chi sta male, ci sono i poveri e ci sono i disperati. Consapevoli di questo, si può cominciare».

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