Parla l’avvocato Calcagno vice presidente dell’Aic (Ex calciatore Avellino e Benevento):
Dunque, i calciatori vogliono tornare in campo e vogliono concludere i campionati?
«Sì. È una questione di responsabilità del sistema sportivo. Se non sarà possibile, sarà solo per colpa dell’emergenza. Ma noi ci auguriamo di uscire presto dalla crisi, quando si tornerà a parlare di calcio giocato sarà un segnale importante per il Paese».
Un’immagine che serve a tutti: non possiamo negarci la speranza.
«Ed è quello che ci aiuta nel nostro lavoro quotidiano. Se qualcuno ci imponesse lo stop, sarebbe un danno per tutto il sistema».
Da una parte l’accordo in casa Juve, ispirato da Chiellini. Dall’altra, gli agenti pronti a trattare i tagli degli stipendi. Sembra una corsa a scavalcare l’Aic, non trova?
«Noi siamo in contatto con tutti i rappresentanti all’interno delle squadre e sappiamo bene che un accordo quadro valido per tutte le società non può essere raggiunto. Ci sono tante realtà differenti, all’interno della stessa Serie A, poi in B e in Lega Pro, che forse è quella più omogenea. Quanto agli agenti, non siamo in contrapposizione: noi non negoziamo contratti, dobbiamo tutelare invece posizioni collettive».
Il modello Juve, con due mensilità e mezzo spalmate sulla prossima stagione, non è replicabile altrove. Giusto?
«Vero. Alla Juve non c’è nessun contratto in scadenza al 30 giugno, è risaputo che con alcuni calciatori (Chiellini, Buffon e Matuidi, ndr) c’era già l’accordo per il rinnovo. E comunque ricordiamoci che è difficile trovare una sintesi anche all’interno della stessa squadra: ci sono situazioni disomogenee. Il problema però è un altro».
Quale?
«C’è troppa demagogia sugli stipendi dei calciatori, da parte di tutti. Noi calciatori facciamo la nostra parte, ma tocca anche agli altri soggetti del sistema calcio che è arrivato a questa emergenza con i conti non in ordine. Questa crisi deve essere l’occasione per riequilibrare il sistema e riformarlo».
Cosa chiede l’Aic?
«Una nuova distribuzione delle risorse, visto che siamo il sistema più sperequato che ci sia in Europa. Parlo di squilibri sia all’interno della Serie A che tra la A e le altre leghe con l’attuale ripartizione stabilita dalla legge Melandri. Per questo vogliamo il Fondo di solidarietà: il 10% di una mensilità lorda deve servire a tutelare i redditi più bassi, penso a chi è al minimo federale ma anche alle ragazze di A e B, ai giocatori di calcio a 5, che sono professionisti di fatto perché vivono di calcio. Ma, ripeto: serve una riforma strutturale, non la soluzione temporanea a un’emergenza». Fonte: CdS