No, Callejon, non andare via: senza l’equilibratore, no!

Poi, è arrivato il coronavirus. Sky è implacabile, 24 ore su 24, la Rai, la7. I bollettini della Protezione civile in diretta-tv sono l’appuntamento serale che toglie il fiato. L’aspettiamo come, nella guerra-guerra, si aspettava Radio Londra. Il calcio in tv non c’è più. Gianluca Di Marzio snocciola un calciomercato virtuale con postazione sul terrazzo della sua casa milanese. Improvvisamente, una indiscrezione. Al Napoli, scelte da fare: Callejon se ne andrà. Valencia o Siviglia, non si sa. Calleti, ma è vero? Calleti no, passerotto non andare via. Calleti, Calleti. Il più tranquillo, serio, irreprensibile e insostituibile del terzetto dei tempi felici, con Mertens e Insigne, lui, Josè Maria Callejon, l’andaluso nato ai piedi della Sierra Nevada, forse perciò meno elettrizzato dal nostro clima vesuviano col fuoco sotto la cenere. Quel visetto sempre a puntino, sereno, col pudore di quando cambiava pettinatura, come l‘estate scorso a Dimaro, una piccola testa di platino. Calleti, ma dove vai? Dries fa lo scugnizzo di Posillipo, Lorenzo è l’eterno bambino fra bronci e cuoricini e tu, José Maria, niente, un professionista che non hai mai esagerato dopo ognuno dei tuoi 80 gol. Dries imita la sua cagnetta che fa la pipì, Lorenzo chiede agli dei una corona d’alloro e tu, Calleti, un sorriso e via, nessun arco di trionfo, nessuna pazza corsa sull’erba.

E come faremo senza Calleti, l’equilibratore, il pendolare e il pendolino della fascia destra, il tattico, l’inamovibile, appena sei partite saltate nei precedenti sei campionati, il soldatino dai e vai, il corriere dei piccoli, il cavalluccio andaluso? Dai, Calleti, non lasciarsi questo vuoto nel cuore, negli occhi e sull’out destro. Calleti, no.

CdS, Mimmo Carratelli

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