Parla il giuslavorista Spagnolo: «Le società hanno diritto a decurtare i pagamenti» 

Fabrizio Spagnolo, avvocato  e giurista parla del momento del calcio. Un “mondo” a rischio collasso, per il quale trovare soluzioni non sembra affatto facile. «Ricorda i giorni della polemica tra Lega Serie A e governo? Ecco, penso che il mondo del calcio abbia aspettato uno stop “dall’alto” per poter dimostrare un’oggettiva impossibilità a svolgere le gare» 

Il divieto di organizzare manifestazioni sportive quali conseguenze avrebbe portato? «L’articolo 1464 del codice civile è chiaro: quando la prestazione di una parte è divenuta parzialmente impossibile, l’altra parte (il club) ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta».

Un aspetto che agevolerebbe il taglio degli stipendi? «Sì. La prestazione lavorativa al momento è oggettivamente impossibile e lo stabilisce il Governo. Questa fattispecie farebbe nascere, secondo me, il diritto della società a decurtare i compensi».

Serve un accordo, oppure i club possono imporsi? «La riduzione unilaterale dello stipendio non è possibile. Ogni società dovrebbe trovare un accordo con i calciatori, oppure portarli davanti al giudice».

Se i calciatori rifiutano i tagli? «Si andrebbe al muro contro muro. Non credo sia la soluzione migliore».

Avvocato Spagnolo, lei cosa suggerisce? «Un accordo collettivo tra Associazione Calciatori e Leghe. Mi spiego: gli effetti di questa crisi si faranno sentire anche quando si tornerà a giocare. Nella prossima stagione i club potrebbero avere lo stesso problema di liquidità e quindi eccoci a una situazione analoga: chi potrà permettersi di pagare stipendi così onerosi?».

Della serie: io presidente risparmio per due mesi, ma se continui a costarmi così tanto il problema resta… «Esatto. La crisi ridurrà i consumi dei cittadini e il mondo del calcio ne risentirà con entrate minori. Anche ottenendo la riduzione parziale del compenso per marzo, aprile e magari maggio, il problema non si risolverebbe del tutto. Un accordo tra le parti è la soluzione».
Si andrà oltre il 30 giugno con i campionati. Ai calciatori con contratti in scadenza cosa succede? «Dovranno giocare lo stesso. In quanto tesserati, i calciatori giacciono all’ordinamento della Federazione italiana e internazionale. Qualora Fifa, Uefa e Figc spostassero più avanti il termine della stagione, il calciatore non potrebbe rifiutare di scendere in campo. Commetterebbe un illecito sportivo».

Altro tema: le società possono riprendere gli allenamenti? «Qualsiasi attività di lavoro si deve svolgere nel rispetto assoluto delle norme di sicurezza. In questo caso bisogna evitare il contagio da Coronavirus, qualificato come pandemia dall’Organizzazione mondiale della sanità. La dinamica di un allenamento di calcio rende impossibile il rispetto delle misure, vedi il famoso metro di distanza».

I medici sociali fanno bene a dire che non bisogna riaprire i centri sportivi? «Sono garanti della salute dei calciatori e anche loro ne rispondono penalmente… Far riprendere gli allenamenti è un rischio oggettivo».

Ipotesi più estrema: non riprende il campionato. Scenario? «Un’apocalisse. I presidenti potrebbero usufruire dell’articolo 1467: “se la prestazione diventa troppo onerosa per il verificarsi di eventi straordinari e imprevedibili si può domandare la risoluzione del contratto”. A quel punto, però, scrivete pure la parola fine sul calcio».

Fonte: CdS

 

 

 

 

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