A Genova gioca Lorenzo Tonelli, difensore del Napoli in prestito ai blucerchiati. Alcuni suoi compagni di squadra,tra cui Gabbiadini ex azzurro, sono risultati positivi al Covid-19. Ai microfoni di CalcioNapoli1926, il padre Pietro Tonelli ha voluto rassicurare tutti sulle condizioni del figlio. In qualità di medico (chirurgo, ndr) ha, inoltre, espresso il suo parere riguardo la pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero.
Come sta vivendo la situazione da medico?
“Si tratta di una situazione molto complessa, non conosciamo il nostro nemico. I dati scientifici a nostra disposizione sono molto modesti. Si sa poco, si comincia a capire solo ora quanto questo virus resta nell’ambiente, non conosciamo bene i tempi di incubazione della malattia. La situazione è complessa anche da un punto di vista medico perché i medici hanno bisogno di tempi burocratici. Il farmaco utilizzato per curare l’artrite reumatoide pare stia dando dei buoni risultati, ma da noi bisogna passare per più fasi e servono diversi pareri favorevoli, si rischia di perdere tempo che in questo momento non abbiamo. Sono convinto che il numero di infetti, se si facessero i tamponi a tutti, sarebbe molto più alto. Serve tempo per capire, soldi e persone con idee. Spesso le soluzioni sono anche a portata di mano, ma manca l’organizzazione.
È un’utopia pensare che il Coronavirus sparirà, bisogna trovare un vaccino. Ma anche in quel caso servirà capire se funzionerà. Io sono un chirurgo, mi hanno chiesto di affiancare tra qualche giorno i medici nella cura. Io cerco di fare quello che mi dicono, ma non so curare una malattia di questo tipo. Noi chirurghi non sappiamo curare, spesso chiediamo consigli ed un aiuto nella terapia e nella diagnosi. I medici che vengono a chiedere collaborazioni per pazienti di pertinenza medica ad un chirurgo, è triste. In queste situazioni ci si rende conto di quanto l’uomo sia poca cosa.
A livello politico si sono mossi male perché la cosa è stata sottovalutata. In questo momento nelle sale operatorie possiamo trattare solo pazienti tumorali e le emergenze. La situazione è preoccupante da un punto di vista medico, ma anche economico. Servirebbe un programma che pensi alle persone più deboli. La mia preoccupazione è che dopo tutto questo molti esercizi commerciali non riapriranno ed il numero dei disoccupati tornerà a crescere in maniera iperbolica.
In Lombardia la situazione deve essere stata massacrante. Non ho parlato direttamente con colleghi di Bergamo, Brescia e nei dintorni di Milano, ma da quello che si legge la cosa è stata devastante”.
Cosa può dirci della struttura ospedaliera dove lavora?
“Nel nostro ospedale tutti i reparti sono diventati reparti per affetti da Covid. Il reparto di chirurgia è diventato un reparto misto nel quale abbiamo pazienti di cardiologia, della medicina e chirurgici. Le sale operatorie sono state trasformate in reparti di rianimazione per i pazienti con Coronavirus. In rianimazione sono stati occupati tutti i letti ed hanno disposto altri posti nel reparto di cardiologia. Il problema è che questi pazienti stanno intubati da 15 giorni, ma si fa presto ad occupare tutti i posti di terapia intensiva. In un certo senso siamo privilegiati in Italia perché il sistema sanitario è composto da persone di altissimo livello, da Nord a Sud.
Il problema è che la sanità è gestita da politici, ma andrebbe gestita da medici. Tantissimi ospedali qui a Firenze, ma anche in tutta la penisola sono stati chiusi. Ma quando succede qualcosa di imprevisto non sappiamo poi come gestirla. Penso al caso della Lombardia, stanno costruendo un ospedale nella zona Fiera ma credo che anche lì ci siano delle strutture dismesse.
Qui, ad esempio, abbiamo il Banti poco fuori Firenze che era bellissimo. Ora sarebbe stato l’ideale, credo che potesse ricevere tranquillamente tre o quattrocento malati. Ogni volta che passo da lì mi piange il cuore, anche perché sono cose lasciate dai nostri padri e non è giusto distruggerle. Serve rispetto”.
Quando ha percepito la reale entità dell’epidemia?
“Nel mio piccolo, quando ci fu il sentore di questa pandemia, avevo pregato con altri colleghi di fare un piano per quello che sarebbe potuto avvenire. Mi dissero di essere catastrofico e che volessi fare polemica. Avrei voluto fare un programma dove fossimo stati noi a muoverci nei confronti della direzione sanitaria. La direzione sanitaria è fatta da medici, ma spesso non sono a contatto con la realtà quindi le decisioni vengono prese in maniera non corretta. I miei stessi colleghi ironizzarono”.
Come sta vivendo questo momento da padre e da nonno?
“Da nonno sono preoccupato, ma fino ad un certo punto perché i bambini sono interessati solo nello 0,2%.
Io ho quattro figli. Lorenzo che giocava al Napoli (ora in prestito alla Sampdoria, ndr) e non so a fine stagione cosa farà, a me piaceva tanto quando era in azzurro. Speravo sempre che giocasse, ma purtroppo è andata male. Ho altri tre figli per i quali preoccupato. Ho una bambina più piccola che spero rientri nella fascia di età che non si ammalano. Ma per gli altri tre ragazzi sono un po’ preoccupato e faccio loro sempre raccomandazioni”.
Come sta Lorenzo? Ha dovuto sottoporsi al tampone?
“Sì, penso di sì. Lo sento tutti i giorni e mi dice che va tutto bene. Non ha febbre, non ha tosse. Né lui, né la moglie e neanche i bambini. L’episodio clou credo sia stata quella partita con il Verona che risale a due settimane e mezzo fa, si rientra tra quei 14 giorni in cui o uno si ammala oppure “l’ha fatta franca”.
Da Napoli sono arrivati messaggi di ex compagni di squadra?
“Lorenzo è molto amico di tanti calciatori del Napoli. Insigne, Callejon, aveva dei rapporti belli. Spesso mi doveva lasciare al telefono perché mi diceva che Callejon lo stava raggiungendo per andare insieme al campo ad allenarsi. Sicuramente li ha sentiti, ma non so con che frequenza.
A Genova è contento, credo abbia fatto bene e dimostrato il suo valore. Nel suo ruolo credo che stia facendo bene, ma penso possa farlo anche nel Napoli. Lo dico da padre (ride, ndr)”.
Secondo lei riprenderà il campionato oppure andrebbe annullato?
“Qui entra un po’ in ballo il medico. Da quello che leggo alla Sampdoria si sono ammalati Ekdal, Colley, Gabbiadini, Depaoli, il medico…
I giocatori si allenano, stanno negli spogliatoi, sudano. Sicuramente basta uno che si è ammalato e si ammalano tutti. Magari non sviluppano la malattia come le persone anziane, ma possono diventare dei portatori sani o dei diffusori del virus. Ci sono poi i massaggiatori, i tifosi, i familiari… Si fa presto a far ripartire un’epidemia di questa entità. Penso che la cosa migliore sarebbe quella di tirare le somme e rendersi conto che ormai quest’anno è andata così. Dispiace per i tifosi se pensiamo ad un’Atalanta che è arrivata ai quarti di finale di Champions. Ma anche riprendere i ritmi e la mentalità per gli stessi calciatori potrebbe essere difficile”.