Mura: sempre del buono, un ammicco burbero, e la vecchia speranza

QUEL MONDO ANTICO

Due soli romanzi, più altri libri, dove a stento ci stava un quarto della sua vita portentosa. Eppure sono bastati per dirci del suo mondo, un mondo antico, da pane e salame e vino rosso. Ma che era pronto a saltare sullo champagne – conoscendone tutti i segreti – senza sfigurare. Voleva essere un cattivo pensiero e ci riusciva, ma alla fine, poi, c’era sempre del buono, un ammicco burbero, e la vecchia speranza.

Che venisse da un ragazzino che butta fuori il rigore fischiato senza fallo o da un prete o un libro o una canzone. Le sue rubriche, i suoi pezzi, i suoi ritratti. Erano l’equivalente di una banda musicale, sfilavano tra le pagine come i musicisti tra le strade nei giorni di festa o ai funerali.

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Se consigliava un libro ci aggiungeva la giusta colonna sonora, così per un cibo il vino, o per un viaggio il posto dove passare, la piazza dove leggere in pace. Perché Mura apparteneva alla generazione di quelli che se spiegavano era per farti scansare fossi e renderti migliore, la sua voce disegnava strade.

Perché di strade i suoi occhi ne avevano viste tante. Era angelilliano, e per ripicca lasciò l’Inter quando il mago Herrera fece vendere l’attaccante, divenendo del Milan, amava Pesaola, che incarnava l‘aristocrazia sporca di chi ce l’ha fatta ma non mena vanto. «Coppi il più grande, Merckx il più forte» ma battezzò Marco Pantani, Pantadattilo, con l’affetto d’un Geppetto, poi costretto ad inseguirlo.

Non ci poteva pensare che Pellé in Cina avrebbe guadagnato più di Maradona, né che la «Gazzetta» non mettesse Raymond Poulidor in prima il giorno della sua morte. Si incazzava, era (se)vero, perché rimasto un campo di periferia, uno da bar, dove la sfanghi solo se hai sostanza, e lui ne aveva da regalare e l’ha fatto. Fonte: Il Mattino

Mura
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