Con maggiore o minore consapevolezza nel fatto che decisioni più importanti si stanno prendendo altrove, di questo prova a occuparsi il calcio. Ieri mattina, su queste pagine, il presidente della Federcalcio Gabriele Gavrina ha anticipato la posizione dell’Italia al summit con l’Uefa di domani. L’obiettivo è la rimozione di un tappo, gli Europei (12 giugno-12 luglio), per sgombrare date e chiudere i campionati. Ne va della tenuta del sistema, si dice. Il rischio è che si inneschino contenziosi intorno ai contratti con le tv e gli sponsor.
C’è chi teme il default. Né più né meno di quel che rischiano trasporti, industrie, commercio. Questa è la partita che si sta giocando adesso che non si gioca. Il punto è che si tratta di una partita confusa, con troppi campi e senza un arbitro. Nel suo piccolo, il calcio sperimenta l’assenza di un vero governo europeo, come più tragicamente ha scoperto la sanità. Ha scritto Sergio Fabbrini ieri mattina su Il Sole 24 Ore: «Ognuno pensa a sé stesso e chi dovrebbe pensare a tutti gli europei non sa farlo. Non ci si cura da questo virus ritornando alla vecchia medicina della sovranità nazionale, ma neppure continuando ad utilizzare l’aspirina del muddling through. Occorrono nuove terapie istituzionali e di policy». Fonte: CdS