Pochi conoscono a fondo Maradona e Messi come Signorini: “Se ne parla da settimane in Argentina della sfida del San Paolo”

Maradona è un ribelle, Messi un leader silenzioso

I sogni, le paure, le vittorie, le sconfitte: Fernando Signorini, il preparatore atletico che ha seguito Diego ovunque e Lionel nella Seleccion, intervistato da “il Mattino”, sa tutto. Dietro le gesta dei due mancini più forti del mondo ci sono i consigli di questo allenatore argentino che oggi lavora con un’icona del suo paese, Cesar Menotti. «Se ne parla da settimane anche in Argentina, Napoli-Barcellona sarà la partita del cuore perché gli argentini amano Maradona e Messi. È uno scherzo del dio del pallone mettere contro le squadre del passato di Diego ed è un bel segnale: vuol dire che il Napoli è entrato a far parte della élite europea».

C’è un filo comune che lega l’idolo di ieri a quello di oggi? «Messi aveva sentito parlare poco di Napoli. Tengo bene a mente quella serata in un albergo di Mosca, eravamo in Russia per un’amichevole di preparazione ai Mondiali del 2010: Lionel chiacchierava con Diego, con me e Lavezzi nella stanza del Pocho. La discussione era sul Napoli, sulla città, sulla passione della gente e andò avanti per ore con i racconti di Maradona e Lavezzi e più passava il tempo, più la stanza si riempiva di altri calciatori. Non dimenticherò mai le parole di Diego a Messi: se non giochi a Napoli non potrai mai capire la passione della sua gente. Allo stesso modo non dimenticherò nemmeno la curiosità con la quale Lionel poneva domande a tutti e due, quasi incredulo». 

 

E Leo? «Chiese della differenza tra Barcellona e Napoli. Gli fu risposto che si vive benissimo in entrambi i posti e che, calcisticamente, la vera diversità consisteva nel carattere della gente: più distaccati i catalani, più focosi i napoletani. Un affetto che Diego non ha mai riscontrato in nessun’altra parte del mondo».

I loro caratteri? «Provengono da due realtà molto dissimili tra loro, Diego e Lionel hanno estrazioni sociali totalmente differenti. In questo senso, credo di poter dire che Maradona è molto più passionale e quindi vicino ai napoletani, Messi ha l’aria più distaccata, di conseguenza più simile alla gente di Barcellona. Ma la passione che hanno entrambi per il calcio è infinita, semplicemente non la vivono alla stessa maniera. Sono due geni, due artisti del football, come lo sono stati anche Di Stefano, Cruijff e Sivori. Gente meravigliosa che ha vissuto felice nel calcio, in squadre indimenticabili. Così come devono essere felici gli spettatori che hanno la possibilità di vederli in campo, in questo caso i napoletani: un campione come Messi va accolto per quello che è, come l’ambasciatore più sublime di questo sport».

Ammirazione insomma, niente fischi?  «Messi non è un avversario, è il numero uno del mondo e va trattato come tale: quando Pavarotti veniva in Argentina mica la gente fischiava perché era italiano. Non penso che comunque i napoletani si abbasserebbero a una vergogna del genere. Sono innamorati del calcio e quindi apprezzano Lionel».

Diversità tra i due artisti che ha allenato?  «Il modo di allenarsi e di preparare le partite è lo stesso con il quale interpretano il calcio, aggiungo che Messi sembra più pacato perché si è avvantaggiato di una maggiore protezione, sia a livello di club che di stampa. Ma la vera differenza è nel carattere, Diego nel calcio si è sempre opposto al potere, Messi non si è mai esposto in maniera forte. L’uno un ribelle, l’altro un leader silenzioso». 

La Redazione

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