Ma il calcio è «scienza» terribilmente imperfetta e al ventisettesimo minuto, quando il Napoli si ritrova «scioccato» dalla capocciata di Chancellor, su angolo disegnato da Tonali, la percezione di essere dinnanzi ad una ingiustizia degli dei è palpabile: non è servito il 77% di possesso palla (fino a quel momento) che esprime un dominio schiacciante, nè starsene con le tende in prossimità dell’area altrui. Dentro a quella partita perfida, che il Brescia va a ghermire con linee strettissime e con ferocia in ogni zona, c’è una traversa di Mertens (2′), una girata di Fabian alta e poi una fisicità che non riempie l’area neppure di illusioni. Per colmare quella distanza siderale, Diego Lopez s’è reinventato il catenaccio, bloccando nove uomini dietro la linea del pallone, arricchendo le corsie esterne (Bisoli a destra, Bjarnason a sinistra), infarcendo la metà campo di densità con Tonali e Dessena, non prima di aver chiesto a Zmhral di schermare su Demme, soffocandolo. E al Napoli non è rimasto che adagiarsi su Fabian per il palleggio e poi rifugiarsi (quasi) sempre a sinistra, tra Mario Rui, Insigne e le scampagnate di Elmas, domate però dal Brescia.
La Redazione