“Il Sarrismo non so cosa sia”: Pro e Contro la rivoluzione calcistica

Le dichiarazioni di Maurizio SarriIl Sarrismo? Non so cosa sia») non lasciano indifferenti i “sarristi”, a partire da Gianmarco Volpe, tra i fautori della pagina Facebook «Sarrismo Gioia e Rivoluzione?» (diventata oggi «Bellavista social club»). «Sarri –dice Volpe – non conosce il Sarrismo? Non è la prima volta che lo dice. Da allenatore ha deciso di svestire i panni del mito che era diventato per noi per poter entrare da tecnico nel contesto Juve, dove viene giudicato secondo altri parametri e criteri».

Chi lo condanna in modo netto è il professore Guido Clemente di San Luca: «Il Sarrismo è strettamente legato alla sua vicenda napoletana. Esprime concettualmente la fusione fra tre elementi. Ovvero il modello di gioco, l’antropologia culturale partenopea e l’intento di volere, attraverso questi due, sconfiggere il sistema di potere capace di una proterva violazione del rispetto delle regole. Andando alla Juve, tradendo se stesso. Ha reso tutto ciò impossibile. È per questo che afferma di non sapere cosa sia. Dovrebbe negare ciò che è stato e ha rappresentato. Rinunciando ad essere un simbolo virtuoso. Ha rinunciato a diventare un mito, per un piatto di lenticchie e che siano milioni di euro non cambia la loro natura».

LE DELUSIONE

Deluso è anche l’attore Massimiliano Gallo, voce narrante del documentario «Maurizio-Il sarrismo: una meravigliosa anomalia»: «Sarri si sente ingabbiato da una definizione che è diventata una condanna per lui, soprattutto perché si deve confrontare con una platea che ha vinto tutto con Allegri e che da lui esige il bel gioco per vincere in Europa. Gli vorrei ricordare però che se è stato ingaggiato dal Chelsea e dalla Juventus è proprio in virtù del Sarrismo, che allude innanzitutto al suo calcio spettacolare. Capisco che a Torino abbia pressioni diverse, ma ha sfruttato questa onda finché gli è convenuto. Probabilmente vorrebbe staccarsi da questa etichetta, ma così facendo tradisce anche un po’ se stesso». 

Di rimando il giornalista Maurizio Pistocchi: «Il tecnico ha voluto chiarire che non si sente promotore di nessun tipo di movimento. Agli occhi di chi lo ha apprezzato suona quasi come un’abiura a tutto il suo passato, a voler essere juventino sino in fondo. Il termine Sarrismo non lo ha coniato lui. Tuttavia se voleva tracciare una distinzione poteva farlo prima, quando di Sarrismo si parlava per il Napoli e anche al di là del Napoli. Se lo ha fatto ora è per fare un distinguo tra il suo passato e il suo presente: non lo condanno però mi lascia perplesso».

L’ASSOLUZIONE

Il napoletano Michele Bosco, autore del libro «Sarrismo fede e disintermediazione», invece, lo assolve: «È stato coerente con quello che ha detto già al Chelsea: il culto non lo ha creato lui. A Napoli ha forse cavalcato quel tipo di narrazione perché si era creata una unità di intenti eccezionale. Non significa essere falsi o opportunisti ma intelligenti a gestire la comunicazione in funzione di un obiettivo comune, il coinvolgimento a Napoli era esistenziale».

«La squadra doveva essere cambiata e avrebbe avuto bisogno di maggiore tempo – conclude Pistocchi che non ha mai avuto in ritiro. I risultati sono dalla sua parte, anche se sta facendo buon viso a cattivo gioco, ovvero utilizzando nel miglior modo possibile i calciatori, alcuni dei quali non adatti alla sua idea di calcio».

Infine Bosco: «Anche al Chelsea ebbe un momento negativo. Del resto una rivoluzione culturale alla Juve così profonda non si può portare a termine senza “feriti”…». Fonte: Il Mattino

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