Dategli una “Grande” e il Napoli vi ribalterà il suo calcio: lo riempirà di sé, del proprio orgoglio e pure delle qualità, lo sistemerà al centro delle sue notti e saprà come uscirne. Dal Liverpool al San Paolo al Liverpool di Anfield, dalla Lazio alla Juventus e poi all’Inter, per accorgersi che il confine tra la crisi e la resurrezione è un confine labilissimo, bastano a volte novanta minuti per avvertire un’emozione. La Coppa Italia è un traguardo, mica da poco, e il Napoli va a metterci l’opzione a modo suo, vincendo a San Siro, ridimensionando l’Inter che in dieci partite ne aveva vinte sei, pareggiate quattro e settantadue ore prima era stato capace di rovesciare il Milan in appena 45′. Il calcio “italiano” esiste e resiste e il Napoli lo applica umilmente, perché per lasciarsi alle spalle le scorie di un’annata dolorosa servono aver percezione dei propri limiti attuali, 90′ minuti di sacrificio, di dedizione, di umiltà, persino con nove uomini dietro la linea del pallone e poi, quando si può, un sano contropiede, ma senza mai scoprirsi esageratamente. Fonte: CdS