La Coppa Italia tanto snobbata un tempo, ma ora crocevia stagionale

LA VOLPE E L’UVA…

C’era una volta la coppetta che tutti snobbavano e che usavano per far scendere in campo le giovani reclute della rosa. Macché: stasera in 55 mila spettatori saranno al Meazza per la semifinale di andata tra Inter e Napoli. E a guardare le scelte di Gattuso e Conte di tutto si può parlare tranne che di Napoli-2 e Inter-2. Domani, sempre sullo stesso terreno di gioco in quasi 70 mila faranno da cornice all’altra semifinale, tra Milan e Juventus.

In una versione apocrifa della favola di Esopo, la volpe che non arrivò all’uva si concentrò sulla Coppa Italia. E se Inter e Juve sono in lotta per lo scudetto, Napoli e Milan puntano tutte le speranze di un sorriso in questa stagione sulla Coppa Italia. D’altronde, da quando è possibile vincerla giocando appena cinque partite, quasi tutte in casa e una in campo neutro (la finale dell’Olimpico), la coppetta nazionale ha scatenato la golosità dei molti che prima la ignoravano con una certa puntualità. Gattuso non può considerarla un fastidio.

E non la considera: perché vincere la Coppa garantisce l’accesso all’Europa League senza passare dai preliminari (una iattura, basta chiedere a Mazzarri e al Torino, per esempio), spalanca le porte alla visibilità e agli incassi della Supercoppa (che si giocherà in Arabia Saudita) e garantisce un discreto montepremi: chi vince la Coppa Italia guadagna 5,2 milioni di euro. A questa cifra vanno aggiunti gli incassi derivanti dal botteghino, il bonus previsto per la qualificazione alla finale di Supercoppa e gli introiti garantiti dalla Uefa per l’accesso diretto alla prossima edizione di Europa League (2,92 milioni). Insomma, non proprio spiccioli.

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