“Che lo sport abbia un potere pedagogico è un fatto. Che il calcio sia lo sport più popolare in Italia pure. Che il calcio in Italia dunque debba impegnarsi per insegnare qualcosa a qualcuno è assodato. E che per farlo debbano tutti imparare dai napoletani è indubbio. Soprattutto dopo quanto accaduto ieri sera. A Genova si giocava una partita di Serie A e per tutta la serata, al di là dello spettacolo sportivo offerto in campo dagli atleti delle rispettive compagini, a andare in scena è stato ancora e per l’ennesima volta il razzismo. Sì, perché quando interi pezzi di uno stadio del civilissimo Nord Italia insultano una città e i suoi abitanti a prescindere dal calcio, augurando loro di morire tra lava e atroci sofferenze, non c’è né tifo né goliardia ma solo razzismo. E come si combatte il razzismo? Non facendo finta di niente come fanno la Lega Calcio e la Serie A bensì reagendo come fanno i napoletani. A pallonate. Come ha fatto Milik che approfittando della nebbia di un fumogeno ha messo dentro a due minuti dall’inizio un gran gol di testa. Favorendo la creazione di un gol di rapina e permettendo a un giovanissimo macedone come Elmas di piangere lacreme napulitane di gioia e commozione in mezzo al campo per la sua prima rete in Serie A. Col tiro in porta di un tedesco di nome Diego che a differenza del maschio italiano medio, invece di stare a letto con l’influenza e fare testamento per capire a chi lasciare la playstation, scende in campo e con un gol spegne tutti i cori sul Vesuvio. Infine con un gol a porta vuota messo a segno ben oltre i minuti di recupero, completamente a sfregio, da un ritornato e redivivo Ciro Mertens. Abbasso il razzismo, viva la cazzimma!” Anna Trieste su Il Mattino