Ranieri arrivò a Napoli alla fine del ciclo azzurro di Maradona

Quanto conta una acca? Da Tinkerman a Thinkerman, dal Chelsea al Leicester, dagli anni grigi (i primi della gestione Abramovich) al trionfo del 2016 in Premier. Da pasticcione a pensatore, appunto da Tinkerman a Thinkerman, Claudio Ranieri da Testaccio, anni 68, ha fatto tanta strada. Raramente fermandosi da quando cominciò la sua carriera in categorie inferiori. Prima con la Vigor Lamezia (gli suggerì l’antico maestro napoletano Gianni Di Marzio, suo allenatore a Catanzaro, questa panchina) e poi con la Puteolana. Era la seconda metà degli anni Ottanta, la Puteolana di Ranieri giocava in serie C al campo di Arco Felice e il Napoli di Maradona, dopo aver vinto il primo scudetto, si preparava per affrontare la Coppa dei Campioni. Pozzuoli dista da Napoli 22 chilometri, Claudio vi sarebbe arrivato quattro anni dopo, passando per Cagliari, con l’incarico di gestire la delicatissima fase post-Maradona.

LUI DOPO DIEGO

Ranieri aveva compiuto un miracolo calcistico a Cagliari, la doppia promozione dalla Serie C alla Serie A in 24 mesi con la squadra di proprietà della famiglia Orrù. Che aveva al proprio fianco un magistrale direttore sportivo, il salernitano Carmine Longo. L‘ultimo anno di Claudio in Sardegna fu anche l’ultimo di Maradona a Napoli e Ferlaino. Quando vi fu lo strappo con Diego a causa della squalifica per doping e con Moggi che aveva lasciato il posto al fidato collaboratore Perinetti, decise di puntare su un giovane allenatore.

Ranieri, 39 anni e tanta voglia di sfondare, sembrò il profilo giusto. L’ingegnere propose Savicevic, fresco vincitore della Coppa dei Campioni con la Stella Rossa, per raccogliere l’eredità della maglia numero 10. Però Claudio – affiancato dall’amico storico Pellizzaro come preparatore dei portieri e dal molisano Antenucci come vice e osservatore – puntò tutto su Zola. Che nel campionato ’91-’92, affiancato da Careca (coppia da 27 gol), guidò il Napoli al quarto posto e in Coppa Uefa.

Il mercato dell’estate ’92 fu ricchissimo (investimenti per 40 miliardi di lire), con il colpo Fonseca, che arrivò da Cagliari per 13,5 miliardi: Ferlaino era nel frattempo diventato comproprietario del club rossoblù con il re del grano Franco Ambrosio. L’aspirazione era confermare il quarto posto o addirittura fare meglio. Straordinaria partenza, col 5-1 a Valencia in Coppa Uefa, cinquina del Tigre Fonseca. Ma poi emersero i problemi fisici per una preparazione non efficace: immediato il calo di rendimento e inevitabile il crollo in classifica, oltre all’esclusione dalla Coppa Uefa.

Altrettanto rapidamente Ranieri entrò in rotta di collisione con Ferlaino. Si creò una frattura tra squadra e società, quasi come quella dello scorso novembre, però senza ammutinamenti palesi e deferimenti con multe. Il problema non era rappresentato soltanto da Ranieri e da un gruppo di giocatori anti-Ferlaino. Si stava consumando la fine di un ciclo e il Napoli non sarebbe stato più in grado di reggere certi stipendi e certe aspettative. Scattò l’esonero del tecnico dopo l’1-5 contro il Milan al San Paolo e finì una bella storia, perché Ranieri era innamorato di Napoli e infatti vi rimase anche dopo il licenziamento, continuando a vivere a Parco Materazzo e a frequentare tra i vari amici don Gennaro Matino, il parroco di via Tasso. Sarebbe ripartito dalla Fiorentina e dalla serie B. Fonte: Il Mattino

CagliariNapoliranieri
Comments (0)
Add Comment