Claudio Nassi ha parlato di Massimiliano Allegri su TMW soffermando sui tanti titoli vinti dal tecnico livornese: “Massimiliano Allegri, classe ’67, ha giocato in tutte le categorie. Conta 386 presenze e 60 gol. Diversa la carriera da allenatore, che lo vede vincente. Comincia a Sassuolo con la C1 e la Supercoppa; conquista col Milan uno scudetto e una Supercoppa Italiana e in 5 anni alla Juventus coglie 11 trofei. 5 campionati, 4 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, oltre a raggiungere 2 finali in Champions League. Se a questo aggiungo 5 Panchine d’Oro e 4 come miglior allenatore per l’AIC, il Premio Bearzot e l’ingresso nella Hall of Fame. Oltre ad essere il solo, nelle maggiori leghe europee, ad aver conquistato un double nazionale per 4 stagioni di fila. Credo di parlare di un uomo di calcio, con una carriera, a 52 anni, che pochi possono vantare. Se aggiungo poi il 56% di vittorie e il 20 di sconfitte. Perciò quando rilascia certe interviste deve far riflettere”.
Le parole di Allegri sulla tattica: “Il calcio è arte, non scienza, e per capire quali calciatori schierare devi vedere chi muove meglio le gambe in allenamento e solo dopo aver visto chi è in forma e chi no guardare le statistiche e i dati. La tattica e gli schemi sono puttanate, ai campioni non devi insegnare niente, li devi ammirare e mettere nelle migliori condizioni per fare bene”.
Ha aggiunto: “Ho avuto modo di parlare a lungo con Max sul filo del telefono e mi sono trovato davanti a un innamorato del calcio, che fatica a capire come non ci si renda conto di quali danni si faccia con le solite menate di chi divide gli allenatori tra “giochisti” e “risultatisti”, facendo credere alle favole. So bene che parlo di un livornese, uomo di scoglio, abituato ad andare diritto sull’obiettivo e proprio per questo da apprezzare. Nell’anno sabbatico si rilassa leggendo libri e guardando molte partite in tv. Il Liverpool di Klopp, il Cagliari di Maran e l’Atalanta di Gasp i preferiti. Ancora scelte da condividere, anche se non sono d’accordo su tutto, come sul giudizio di alcuni calciatori. Nessuno, però, legge come lui la partita dalla panchina. Non è un estimatore della Scuola di Coverciano. Vorrebbe a dirigerla Capello o Lippi, cui aggiungerei Fascetti, uno che non ha avuto i riconoscimenti che meritava per un carattere non facile, ma che, oltre ad avere un archivio incredibile, con la sua “disorganizzazione organizzata” metteva tutti in difficoltà”.