Insieme sono diventi campioni del mondo ma non solo. Alberto Gilardino e Gennaro Gattuso hanno condiviso tre anni al Milan, eccolo ai microfoni del Mattino parlare del suo compagno:
Cosa vuol dire passare dal campo alla panchina?
«Ho iniziato da un paio di anni e la vivo con voglia e passione. La mia volontà è quella di migliorare ogni giorno e di far migliorare ogni singolo giocatore della mia squadra».
E si aspettava che anche Gattuso potesse intraprendere questa nuova carriera?
«Magari tanti non si aspettavano nemmeno che potessi iniziarla io, ma poi penso che se uno ha la voglia e la caparbietà di studiare, aggiornarsi e rimanere sui propri obiettivi, alla fine poi li centri. Anche Rino ha fatto un po’ di gavetta prima delle grandi occasioni che ha avuto al Milan e ora al Napoli».
Cosa ha rappresentato per lei Gattuso in carriera?
«Con Rino ho vissuto anni importantissimi al Milan, nei quali mi ha insegnato tanto. Venivo da una realtà piccola come Parma dove ero esploso e arrivare in una big come il Milan non era facile. Gattuso mi ha insegnato la voglia di non mollare mai e la caparbietà quotidiana per migliorare. I suoi insegnamenti erano soprattutto su atteggiamenti e approccio mentale».
E oggi che tipo di insegnamenti pensa che lui possa dare ai suoi giocatori?
«Sa entrare in forte contatto coi giocatori e dice sempre quello che pensa».
In Champions gli toccherà il Barcellona...
«Sarà una doppia sfida stimolante per il Napoli, ma anche per Rino. Non è mai facile affrontare una delle squadre più forti al mondo ma la partite così sono sempre belle da giocare. Credo che il Napoli e Gattuso possano fare due grandi partite».
Lei e Gattuso non siete gli unici campioni del mondo 2006 ad essere diventati oggi allenatori: non può essere un caso. Quanto merito c’è di Lippi?
«È evidente che qualcosa di importante ha trasmesso a tutti noi. Innanzitutto è stato l’artefice di un qualcosa di incredibile che ha avuto degli strascichi positivi per tutti. Poi come allenatore avere un rapporto costante con noi giocatori e trasmetteva tanto a livello mentale prima ancora di quello tattico».
Lei ha un allenatore di riferimento tra quelli che ha avuto in carriera da giocatore?
«Ne ho avuti tanti e citarne solo uno sarebbe ingiusto per gli altri. Dal primo Prandelli, poi Gasperini, Pioli, Mihajlovic, Ancelotti, lo stesso Lippi: ognuno mi ha dato qualcosa di diverso».
Dovendo fare un solo nome?
«Faccio un esempio che rende l’idea di cosa vuol dire il passaggio da giocatore ad allenatore. Quando giocavo vedevo Gasperini come uno che ti stava addosso quotidianamente e se uno non è mentalmente predisposto faceva fatica. Ora invece lo ammiro e capisco a fondo il suo lavoro».
Un altro allenatore che sta facendo benissimo in serie A è Simone Inzaghi con la Lazio: se lo aspettava?
«La Lazio lassù non mi sorprende. Simone Inzaghi sta facendo un grande lavoro da parecchio tempo e ora ne sta raccogliendo i frutti. La squadra è stata costruita bene e poi mantenuta negli anni con l’aggiunta di qualche tassello che ha compiere il salto di qualità. Lui è stato bravo a compattare il gruppo e a lavorare sulla testa dei giocatori».
Lei ha deciso di partire dalla Pro Vercelli: come mai?
«In serie C c’è da fare un salto dal punto di vista mentale. Quella che sto vivendo è una gran bella esperienza e mi piace tanto e sono certo mi servirà per arrivare al top. Per diventare un grande allenatore devi essere preparato al massimo». Fonte: Il Mattino