Poche parole anche nello spogliatoio, subito dopo la partita: clima teso, aria pesante, sensi di colpa. Già, perché i giocatori sanno perfettamente di aver avuto una gran fetta di responsabilità, in questo epilogo così amaro e quasi paradossale alla luce di un 4-0 che però lascia intatto il ribaltone. Ma tant’è: e non è un caso che in molti, dopo la partita e prima della doccia, abbiano pianto. Ancelotti naturalmente no, come riporta il CdS, o forse lo ha nascosto benissimo. Anche dietro un gesto di saluto rivolto alla folla e agli individui. «Non stavo salutando i tifosi, stavo salutando mia moglie». Le cose che non si possono dire, né si vogliono dire, si leggono negli sguardi, si afferrano nei silenzi, si colgono nella espressione sempre elegante di un uomo che sa bene di essere appeso ad un filo: «Deciderà De Laurentiis quale sia la soluzione giusta per il Napoli. Io non mi dimetto, non l’ho mai fatto in vita mia e non lo farò ora». E’ la notte (tormentata) di Carlo Ancelotti, che sorride (però amaramente) perché sa, prima di lasciare il San Paolo, che il suo tempo a Napoli sta per scadere da lì a poche ore. «Ma soltanto chi passa il turno può vincere la Champions League. E’ stato un girone gestito bene, giocato con coraggio. Abbiamo meritato di passare e non era facile. La squadra è stata attenta ed efficace, non ancora sciolta. E abbiamo sfruttato bene il rientro di Milik».
La Redazione