Quella di Napoli è stata appena una modesta rivolta. Il fatto che sia avvenuta non a maggio, a stagione finita e perduta, ma a novembre, quando tutto è ancora in gioco, mostra la debolezza strategica dei ribelli e dei restauratori. A novembre la ragione insegna che non si scassa, allo stesso modo con cui non si fanno epurazioni e non si stracciano progetti. A novembre niente è perduto, a patto che si abbia il coraggio di guardare a ciò che è stato per quello che è stato: uno scoppio d’ira dei figli contro i padri, ma anche dei figli che giocano a fare i padri contro i figli, e in assenza dei padri. Rimettere le caselle a posto non sarà facile, perché il tempo sospeso di Napoli non è un tempo fermo, ma un tempo che porta il futuro nel passato. E nel passato di De Laurentiis tutti i conflitti finiscono con divorzi insanabili.
Mai come oggi la squadra e la città raccontano una controversa coincidenza. Il Napoli, che per anni è parso la felice eccezione di Napoli, rischia di riavvicinarsi alla dannata incompiutezza della sua metropoli, di consumarsi nelle sue emozioni forti. Servono aria, tempo, lucidità di pensiero e di azione e, infine, fortuna. Il viaggio del presidente negli States può decongestionare l’ambiente. Tutto il resto dipende da Ancelotti.
A Barbano (CdS)