Lorenzo Insigne ha una faccia che sa di malinconia. «Chiediamo scusa ai tifosi, perché possiamo fare di più». Potrebbero, per esempio, calarsi per un’ora e mezza nella partita, tanto si sa che durano più o meno tanto, ed assecondare quel talento che ora è sprecato nella penombra di una classifica che comincia a far rabbrividire, perché le «star» sono lontanissime, a distanza siderale, e la zona-Champions s’intravede, per così dire, nel sottoscala dell’Olimpico, ma sa di Roma: «Non è un alibi, ma a volte succedono degli episodi come quelli accaduti mercoledì che complicano la prestazione successiva: è stata dura andare in campo. Ma ora dobbiamo stare tranquilli e recuperare le energie in vista del Salisburgo».
Però, Roma-Napoli è la radiografia di un momento ricorrete, un tunnel che si spalanca all’improvviso e finisce per inghiottire una squadra che ha piedi e materia grigia, ma insegue ancora quel pizzico di maturità, smarrita ripetutamente e negli anni: «Non penso che sia una questione di testa, né di personalità, vista la statura europea di questo gruppo: ma certi episodi lasciano il segno, hai il sospetto di avere tutti contro. Oggi, l’episodio di Callejon nessuno lo ha visto e il VAR ha fermato il gioco e l’arbitro ha fischiato. Ma se il VAR deve funzionare, deve funzionare per tutti. Siamo consapevoli che non è stata una buona prestazione, forse abbiamo speso tante energie mentali e fisiche mercoledì e oggi non abbiamo dato il 100%. E martedì sarà la partita della vita».
La Redazione