A. De Laurentiis: “Higuain? Solo se me lo chiedesse Ancelotti. Su di noi sempre un gioco al massacro”

Il presidente del Napoli: "Insigne? Dia il massimo per non essere un incompreso"

Aurelio De Laurentiis, “travolge” Napoli, eternamente insoddisfatta di se stessa, lasciando dietro di sé una scia ed ecco le sue parole al Corriere dello Sport. 

Insigne è diventato un caso, e non si può negarlo. «Io non capisco perché Lorenzo non sia mai stato completamente felice, a Napoli. E’ indubbio che sia un gran giocatore, ma se pensa che la sua avventura qui sia finita, allora dìa il massimo, per non restare un incompreso. I suoi rapporti con gli allenatori, anche in passato, sono sempre stati ondivaghi….».

Che problemi ci sono adesso? «Bisognerebbe chiederlo a lui. Io a Insigne voglio bene, lo proteggo, ma il problema deve risolverlo lui in primis, capire che siamo in venticinque e devono giocare tutti; sapere cosa vuole fare da grande. Si tranquillizzi, diventi più sereno, si può essere in condizione oppure no e se per Ancelotti non lo è – e dunque non va utilizzato – non può uscirsene con battute e con atteggiamenti quasi di sfida. E’ venuto Raiola e mi auguro abbia chiarito come Insigne deve confrontarsi con squadra, allenatore, club e tifosi».

Appunto: è dovuto arrivare Raiola… «Dopo la riunione di maggio, c’è stato un calo di rendimento del signor Insigne. E responsabilmente Mino è venuto a verificare cosa sia successo. Però la tribuna di Genk, per dirne una, non è una punizione di Ancelotti ma di Ceferin, perché bisogna sempre chiedersi il motivo per il quale bisogna poter avere in distinta solo diciotto calciatori».

Il sistema non le va a genio, mai. «È un torto che si fa ai tifosi, a chi paga, e anche ai club. Come il proliferare di amichevoli internazionali, che sottraggono calciatori e alimentano lo stress fisico, dal quale nascono gli infortuni. Ci fosse almeno il tetto ai massimi campionati, da disputare con sedici squadre, almeno ci sarebbe più tempo per le pause e si assorbirebbero meglio quei 5-7 mila km di viaggio a cui i giocatori vengono sottoposti per una partita».

Tra un po’, rischierà di perdere Mertens e Callejon.  «Sono due ragazzi intelligenti, legati al Napoli e che stimo. Quando parli con Mertens non ti annoi, ti dà grande soddisfazione, è veramente un ragazzo in gamba e lo rispetto moltissimo. Ora avremo modo di parlare per capire cosa possiamo fare, ma bisognerebbe anche capire che il Napoli è una bandiera da amare e non solo per soldi, è come una bellissima donna. Io ho presentato a entrambi un’offerta, già otto mesi fa e non posso fare uno sforzo superiore a quanto loro proposto. Se vogliono andare in Cina, per quelle che brutalmente si possono definire “marchette”, dunque per danari, allora vadano».

Come finirà secondo lei? «E chi può dirlo?».

Mai pensato a un ritorno di Higuain? «Non tocca a me dirlo e Ancelotti non me lo ha mai chiesto. E se lo facesse gli direi: perché no?»

Uomo mercato, a naso, nell’estate del 2020 lo diventerà Koulibaly. «Ho già rifiutato nell’estate che è alle spalle 105 milioni di sterline, e dico di sterline, e sono consapevole che probabilmente un giorno sarò costretto a cederlo».

Ma il Napoli quali obiettivi aveva ed ha? «Quelli di sempre: ottenere il, massimo, in campionato, Coppa Italia e Champions. E più di quello che stiamo facendo non si può. Stiamo realizzando ciò attraverso una gestione intelligente, che produca un bilancio positivo, perché noi in rosso non possiamo andare».

È un mantra… «È la realtà: è vietato indebitarsi. Questo Napoli si è tolto lo sfizio di avere un allenatore dal calibro internazionale come Benitez e uno dal profilo universale come Ancelotti. Non ci siamo fatti mancare nulla. Io sono un industriale del calcio, piaccia o no ma così va, e devo combinare i fattori della produzione con quelli economici. Con Mazzarri, andammo in Champions avendo un monte-ingaggi di 35 milioni di euro; ora si può dire che si sia quadruplicato. La Juve e l’Inter si sono indebitate, il Milan è sull’orlo del baratro e noi siamo sempre invece virtuosi e competitivi».

C’è un clima di pessimismo, per usare un eufemismo, intorno al Napoli. «È un gioco al massacro, a volte, vuoto di ogni logica: e allora al City, che stanno a otto punti dal Liverpool, che dovrebbero fare? Ma mica si può pensare che si vinca ogni partita!».

Parlare significa chiarire. «Ma a me non è andato a genio che si criticasse il mio silenzio: e cosa dovrei dire? Io non ho mai litigato con Ancelotti, anche se qualcuno dice il contrario, perché con uno come lui è impossibile litigare: lui è nel mio cuore, nel mio cervello, l’ho scelto per un percorso lungo, può stare qua anche dieci anni. E’ intelligente, è educato, è costruttivo, è uno degli allenatori che hanno vinto di più: ma cosa devo rimproverargli, di aver pareggiato 0-0 a Genk?».

Ma De Laurentiis che al San Paolo si vede poco fa notizia. «Cominciamo con il dire che la firma della convenzione dello stadio è un gigantesco risultato, a cui si è arrivati per gradi e dopo aver dovuto necessariamente procedere alle compensazioni. Sono dodici anni che avevamo installato i tornelli, tanto per dirne una…. Il San Paolo è diventato un caso, con noi che abbiamo restituito un bel po’ di soldi, quando invece Ferlaino non ha quasi mai praticamente pagato nulla. Se non ci sono alle partite, è per scaramanzia: sono venuto con il Cagliari e abbiamo perso. E allora me ne sto a casa e la guardo, anche meglio, in tv».

Sta per partire per gli States… «Ma non mi stacco, se è questo che vuole dire. Sarò a Salisburgo, e ci vado sereno perché Carlo mi ha detto che non perdiamo. Poi andrò in America, dove ho cinque progetti da autofinanziare. E comunque sarò sempre presente, io con Ancelotti mi sento tre volte al giorno e anche con Giuntoli».

Il Procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho, ha pubblicamente applaudito la sua politica nei rapporti con il tifo: in Italia si vive un momento raccapricciante, soprattutto per le ventate di razzismo, e non se ne esce. «Le frange si combattono se si vogliono combattere, mentre qui non si fa assolutamente nulla. L’ultimo intervento politico, a memoria, è quello successivo all’omicidio Raciti, poi il vuoto. Il calcio è la panacea di un popolo sottomesso alla stupidità politica, mentre gli esempi, cito sempre quello della Thatcher, sono lì che dimostrano cosa sia l’efficienza di un Governo».

Dalla Spagna chiamano, un giorno sì e l’altro pure: Fabian Ruiz, che piace al Real e Barcellona. «Ma piace tantissimo anche a noi, che siamo andati ad acquistarlo un anno fa. Ce lo vogliamo tenere e ne vogliamo cercare altri come lui. Fabian è sempre stato, per noi, un top player e se mi convinco a investire 30 milioni per un ragazzo ancora sconosciuto allora vuol dire che ne capisco. Qualcuno ha scritto, credo non in Italia, di proposte da 60 milioni di euro: e mi spiegate perché mai dovrei venderlo? Ne avessero offerti centottanta….».

State seguendo anche giovani italiani e facciamo due nomi: Tonali e Castrovilli. «Tonali è di proprietà della società di un amico al quale auguro di cederlo per i 50 milioni che vuole realizzare. Non so come ci starebbe nel nostro centrocampo, se il sistema sia adatto alle sue enormi qualità. Mentre Castrovilli mi piace tanto…».

Pentito per i 50 milioni investiti per Lozano? «Non scherziamo. È appena arrivato, gli va dato il tempo di ambientarsi. Ha cominciato benissimo, con la Juventus, poi ha dovuto capire, ha pagato le varie differenze con le sua abitudini nelle quali si è imbattuto. Quando c’è da criticare e anche demolire un giocatore lo si fa senza pensarci su ma bisogna essere cauti».

Ora avete anche Di Lorenzo in Nazionale. «Straordinario ragazzo, di sani principi. Sono contento per lui e per noi, ovviamente. Eppure, quando lo abbiamo acquistato, s’è avvertito qualche pregiudizio».

Ma a gennaio pensate di dover intervenire? «Capiremo a dicembre qual è la nostra vera forza, per adesso non mi sembra ci siano motivi. La nostra stagione non è ancora cominciata, abbiamo cambiato sistema e calciatori, siamo in fase evolutiva e a me resta negli occhi la grossa prestazione offerta con il Liverpool».

La Juventus di Sarri va… «Ma Sarri è un grande allenatore con tantissimi lati positivi e qualcuno negativo, che in Inghilterra potrebbe aver eliminato. Sta facendo bene in un club che ha una sua cultura vincente, un proprio stile rigoroso e in una città meno distraente rispetto a Milano, Roma e Napoli».

L’Inter è una concorrente per il titolo? «Certo che sì: ha Conte che è un bravissimo».

Il campionato si chiude il 24 maggio, quando lei festeggerà i suoi 71 anni. «So dove vuole andare a parare: lo scudetto sta lì e per raggiungerlo servono varie componenti. La fortuna puoi invocarla ma non è scontato che arrivi. Io al San Paolo ci sarò comunque, perché sarà l’ultima giornata e speriamo in un bel regalo». 

La Redazione

 

 

 

 

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