Il “caso delle presunte pressioni” per Grava, raccontato da Genny a ‘carogna

IL CASO GRAVA

Vicenda raccontata dal protagonista, vale a dire da Gennaro De Tommaso – noto alla città e al mondo dei tifosi come «Genny a carogna» – che da qualche mese sta collaborando con la Dda di Napoli. Condannato a venti anni di reclusione per droga, De Tommaso ha raccontato questi ed altri retroscena dei rapporti tra frange di tifosi azzurri e la società calcio Napoli. Quanto basta a spingere il pm Francesco De Falco (titolare delle indagini sulla paranza dei bimbi di Forcella) ad aprire un capitolo ad hoc, a proposito di «Precisazioni sui rapporti con la società sportiva calcio Napoli». E c’è un retroscena decisamente più spinoso, che riguarda le presunte pressioni del clan Lo Russo per ottenere dalla società calcio Napoli l’assunzione di Gianluca Grava, a capo del settore giovanile del Napoli. Parole al momento prive di riscontri, su cui sono al lavoro i pm della Dda di Napoli, che sono state depositate comunque dinanzi alla quarta appello, dove si celebra il processo bis a Genny la carogna.
Ma partiamo dall’aspetto più delicato, quello del presunto pressing della camorra sul calcio Napoli. Il narcos pentito, tra il 2012 e il 2013, avrebbe incontrato Formisano nell’ufficio marketing del Napoli al San Paolo, dopo essere stato compulsato da due esponenti del clan Lo Russo, vale a dire Luciano Pompeo e Gennaro Palumbo. Ecco cosa avrebbe detto Genny a Formisano: «Guarda, ci hanno mandato a chiamare dei nostri amici a cui non possiamo dire di no e ci hanno chiesto di far entrare Gianluca Grava nel settore giovanile». A questo punto il pm chiede riscontri concreti, per sapere se in quell’occasione De Tommaso avesse fatto i nomi dei due boss dei Lo Russo: «Non facemmo i nomi (di Pompeo e Palumbo), gli dicemmo che la richiesta proveniva da persone alle quali non potevamo dire di no…». Una ricostruzione al momento del tutto priva di riscontri, respinta al mittente dai diretti interessati, a partire da Grava, pronto a difendere la sua integrità professionale: chi lo conosce e lavora gomito a gomito con Grava, è pronto a ribadire la sua estraneità dai circuiti criminali di Napoli, sia come calciatore sia come dirigente; ma anche da parte di Formisano e dello stesso club azzurro, che rivendicano invece l’allontanamento sistematico dalla società di frange di tifosi in odore di malavita. Va anche fatta chiarezza su un altro dato oggettivo: Formisano non si è mai occupato di assunzioni nel club azzurro, quindi non avrebbe potuto assecondare la presunta richiesta raccontata da De Tommaso. Ma cosa avrebbe risposto Formisano? «Ci disse, poi vi faccio sapere io quando possiamo incontrare il presidente», spiega De Tommaso, anche se l’incontro non è mai avvenuto per esplicita ammissione del pentito stesso. Una risposta, quella di Formisano, che indica semmai la volontà di scrollarsi di dosso un possibile seccatore, ammesso ovviamente che questa storia abbia un fondamento. Raggiunto ieri dal Mattino, Formisano non intende commentare il racconto di De Tommaso. A cura di Leandro del Gaudio su IL MATTINO

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