Ottavio Bianchi è stato un allenatore capace di tenere sempre a vista la costa senza rischiare mai di farsi portare a largo dalle maree, soprattutto da quelle umorali di una piazza che vive di alti e bassi. Eccolo ai microfoni de IL MATTINO:
Che momento sta vivendo il Napoli?
«Basta vedere la storia delle squadre come quella azzurra per capire come stanno le cose. Sono squadre non abituate a vincere e che per tanto vivono di grandi prestazioni contro squadre forti e rallentano contro le meno blasonate».
E allora cosa serve?
«Equilibrio. Ancelotti è un maestro per trovarlo in campo, ma non basta: deve trovato anche fuori. E da questo punto di vista è il miglior allenatore per gestire una situazione del genere».
Eppure sta avendo anche lui delle difficoltà
«Carlo è certamente l’uomo giusto, ma anche lui deve conoscere l’ambiente. Ogni piazza è diversa dall’altra e Napoli è particolare in tutti i sensi. Lavorare alla Juve o al Napoli sono due cose diverse».
Lei come si spiega il crollo della squadra dopo la bella vittoria contro il Liverpool?
«Contro le grandi squadre c’è una preparazione particolare e poi il rischio di mollare è alto. Conoscendo l’ambiente di Napoli questa è sempre stata la mia preoccupazione maggiore. Ho sempre voluto inculcare l’idea che le grandi squadre hanno una continuità di rendimento anche senza toccare grandi picchi di prestazione».
Colpa di…?
«Nessuno. Si tratta solo di abitudine: se non sei abituato a vincere corri questi rischi. In società abituate a vincere, certe cose non succedono: alzano le mani solo alla vittoria della tappa».
A Napoli c’è chi parla di un calo fisico
«Impossibile. Dopo 5 o 6 partite, anche se non hai lavorato molto o se hai fatto solo qualcosa, sotto il profilo fisico dal punto di vista fisico ti sei adeguato e stai bene. Ai miei tempi ti bastavano 4-5 partite per avere un’indicazione del lavoro, ovviamente al netto di traumi o infortuni che esulano dalla preparazione atletica».
E se fosse un calo psicologico?
«Ecco, questo mi sembra più plausibile: batti la migliore d’Europa e se non sei abituato molli quel tantino e arrivi secondo su ogni pallone. Nel pugilato se vinci 30 incontri consecutivi e poi sottovaluti l’avversario, lui ci mette un attimo a metterti ko. Ma questa è la bellezza dello sport».
Ancelotti ha cambiato tanto dall’inizio della stagione: è in confusione?
«Mi sembra che uno come Ancelotti non vada in confusione di sicuro. Starà valutando il lavoro settimanale e avrà dei responsi completamente diversi da quelli che possiamo vedere noi da fuori. E poi attenzione: le squadre di un certo livello cambiano modulo e sistema di gioco spesso durante la partita prima ancora che durante la stagione».
E allora che problema ha questo Napoli?
«A me sembra che sia il solito problema, quello che la squadra si porta dietro da sempre: Napoli è un posto particolare dove puoi vivere dei momenti esaltati per delle sciocchezze e poi perdere fiducia per altrettante sciocchezze. Penso che sia difficile trovare equilibrio a Napoli. Il problema vero è la troppa pressione, che però a Napoli c’è sempre stata e ci sarà sempre».
Come si può risolvere?
«Vincendo. Non appena vinci un paio di campionati di fila la situazione si risolve da sola. Ma finché non vinci devi essere pragmatico e freddo senza entusiasmarti per nulla».
Come valuta la gestione di Insigne da parte di Ancelotti?
«Premesso che certe cose le si conoscono solo all’interno dello spogliatoio, apprezzo la capacità dell’allenatore di gestire i rapporti a seconda del carattere di ogni singolo giocatore. E poi non lo invidio, ai miei tempi non c’erano manco tante intromissioni esterne da parte di parenti, amici e procuratori».Fonte: Il Mattino