Uno dei nodi-Insigne non è più strategico, l’ultimo gol a Lecce, su rigore

Insigne non riesce ad incidere nell'attacco azzurro, Ancelotti spera di ridargli fiducia

I giocatori veri, i «talenti», quelli che rientrano, più o meno, nella categoria dei fuoriclasse, non hanno capricci, non scelgono consapevolmente di fare tutto da soli, e se ci provano, vanno persino oltre la propria genialità, la sfruttano affinché esploda nel suo splendido cinismo: ecco, vedete, ci penso io. Ma ne hanno certezza o altrimenti lasciano che li guidi l’istinto, per non ritrovarsi sommersi dalla rabbia e dalla ingordigia. Quando Lorenzo Insigne ha visto il campo dinnanzi a sé, in quello che classicamente si definisce contropiede (all’italiana) e del quale non c’è mica da vergognarsi, non s’è accorto, accecato com’era, come riporta il Corriere dello Sport, di Mertens a sinistra e di Lozano a destra, del tre contro due a disposizione e dunque delle possibilità di attaccare il Torino nella superiorità: dev’essergli calato un velo dinnanzi agli occhi, magari si sarà ritrovato con i pensieri spettinati da Genk e dal chiacchiericcio su quella tribuna, ed ha buttato via un’occasione e un po’ di se stesso. Le statistiche possono lasciare il tempo che vogliono (ultimo gol a Lecce, su rigore ripetuto, ultima rete su azione a Firenze, alla prima giornata), si fa in fretta a sistemarle, però la fotografia di un istante, che poi dura un’ora o giù di lì, è limpida: e una delle differenze, attualmente, è sintetizzata in un uomo, nella sua presenza reale o in quella virtuale. Perché avere o non avere il vero Insigne non è poi la stessa cosa. 

La Redazione

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