Più ci pensa e più rischia di farlo tardare. Il gol nasce nella mente e poi, solo dopo, decide come mostrarsi: di testa, di piede, con qualsiasi altra parte del corpo che autorizzi una gioia. Arek Milik, l’ultima, l’ha vissuta quasi sei mesi fa. Era il 14 aprile quando col suo mancino, la specialità della casa, segnò contro il Chievo a Verona. Da allora s’è fermato – rete al Liverpool in amichevole a parte – e fatica a ritrovarsi. Ha attraversato un’estate ribelle tra problemi fisici, rinnovo in stand-by e voci di mercato con le quale convive da tempo: due anni fa s’è intrattenuto col fantasma di Cavani, secondo il CdS, recentemente con quello di Icardi, poi ha conosciuto anche Llorente, quello vero, col quale sta dividendo (e dividerà) l’area di rigore. Manca solo una rete, a volte è figlia di un attimo, basta un istante ma anche un centimetro per veicolare l’umore. Le traverse di Genk (due) vibrano ancora, l’altro errore di testa (palla alta) è un’istantanea del suo momento: Milik c’è, ma il gol – che in Champions manca da due anni – è in ritardo. Si fa attendere da troppo tempo.
La Redazione