Deve imparare a gestire se stesso, a dare un senso compiuto a qualsiasi seduta di allenamento, a rimanere dentro il recinto d’un rigore professionale che non può sopravvivere a giorni alterni e in base all’umore; e poi, anche, ad evitare di lasciarsi andare, come riporta il Corriere dello Sport, lanciando parole nel vento che, si sa, a volte vengono trascinate fuori da uno spogliatoio e rientrano semmai distorte.
Insigne è un «caso» che rimane lì magari per queste altre ventiquattro ore che rappresentano la cartina di tornasole per cogliere la stessa vorace applicazione mostrata (sorridendo e chiacchierando anche col suo tecnico a chiarimento avvenuto) in allenamento ieri, quella silenziosa dedizione che però stride con ciò che suo fratello Antonio ha postato sui social («Nemmeno le palle di dire la verità: un gol o un assist ogni 63 minuti…giusto, è poco brillante») e che diviene un’onda anomala da fronteggiare, mentre intorno allo «scugnizzo» servirebbe una barriera, un frangiflutti, una protezione che eviti le tormente. Perché il destino va indirizzato da sé.
La Redazione