Al settimo anno non ci può riposare, né banalmente rallentare, perché l’ora X si avvicina e potrà servire un semestre (rispettando le recenti medie) o anche un anno intero (procedendo come all’inizio) ma poi quel muro dovrà cadere, sgretolandosi dinnanzi a quest’uomo che ormai ha varie mete, come riporta il CdS, tra cui vestirsi da principe di gol di tutti i tempi in una città che l’ha rapito: «Io qua mi sento a casa mia e sono felice». Centonove volte Mertens, in un crescendo insospettabile e leggiadro, saltellando oltre i propri limiti e costruendosi – con Sarri – un’esistenza insospettabile, divertente, persino pirotecnica, in quella versione da centravanti moderno scovato nel proprio repertorio: ma Mertens è anche il caposaldo d’un cambiamento strutturale, quello tracciato da Benitez, è la conversione verso una modello di internazionalizzazione (con i Callejon e anche i Reina e gli Albiol) che De Laurentiis affidò, all’epoca (2013) al señor della panchina e a Bigon e che ora è nelle mani di Ancelotti e Giuntoli, gli strateghi del rinnovamento generazionale già avviato e in pieno sviluppo.
La Redazione