Il calcio è un sentimento ed i sentimenti si esplicitano a tavola. E allora ci si siede al tavolo dello Sport Hotel Rosatti con Aurelio De Laurentiis:
Dopo quindici anni di calcio, com’è cambiato Aurelio De Laurentiis?
«Sono un uomo che ha continuato ad avere lo stesso pregio e l’identico difetto di essere bulimico sul piano dell’ideazione e affamato di novità. E’ un modus vivendi che mi distrae, in un contesto di lavoro molto, forse troppo, coinvolgente».
Qual è il migliore? «Io sono rimasto eguale a quello che ero, ma il calcio mi ha svelato le vere chiavi dell’Italia e dell’Europa. E mi ha concesso, quindi, di sviluppare una capacità analitica nelle situazioni in cui viviamo e operiamo. Ho avuto modo di prendere coscienza dei limiti del nostro Paese e più in generale del nostro Continente».
Ragiona quasi come un uomo che sembra abbia voglia di scendere in politica… «Ma che mi prende in giro?».
O magari come chi abbia in testa di fondare un partito del football che combatta quello dei politici “pallonari”.
«E se lo facessimo, il segretario ideale sarebbe Arrigo Sacchi. Ci ritroveremmo subito con quaranta milioni di adepti. E rappresenterebbe il primo partito italiano e sicuramente avrebbe la funzione di una miracolosa cura per l’Italia».
Stiamo ragionando di sistemi massimi… «E finiremmo per migliorare, lo dico con modestia, questo mondo, perché interverremo sulla testa di chi ora comanda un universo stantio, nel quale ci sarebbe bisogno di una giusta rigenerazione e di una serie di scossoni. Ho anche in mente il ministro per gli esteri giusto: Carlo Ancelotti».
Siete ancora in luna di miele…? «Ne ho lette e sentite tante di recente, persino che tra di noi ci sia stata una lite furibonda. Ma io come posso fare per intervenire e frenare questa emorragia di sciocchezze?».
Dettagli… Ma intanto cosa gli regalerà in questi due mesi? «Mi capita spesso di sentir parlare dell’esigenza di top player nel Napoli, come se non lo fossero quelli che abbiamo: i Koulibaly, gli Insigne, gli Allan per il quale abbiamo rifiutato settanta milioni, ma anche i Callejon, i Mertens, gli Zielinski, i Fabian Ruiz, che è stato un colpo sensazionale ma sul quale ci si sofferma sempre poco. E potrei citarli tutti quelli che ci sono, i Meret ad esempio, ma le ruberei spazio. O volendo potrei aggiungere quelli che abbiamo acquistato nel tempo: i Lavezzi, i Quagliarella, i Cavani, gli Higuain, i Reina… Ne vuole altri?».
Ne verranno ancora? «L’esigenza attuale, direi prioritaria, è il capitolo cessioni: abbiamo tanti calciatori in organico ed è giusto ridurlo. Ma siamo attenti e attivi».
E Giuntoli è appena tornato dalla Spagna. Lì c’è (virtualmente) James Rodriguez. «Il calciatore che mediaticamente, dopo Cristiano Ronaldo e Messi, gode di maggior considerazione. Piace molto a Carlo e noi siamo in attesa di una richiesta più ragionevole. Lo scoglio è rappresentato dal Real Madrid, che ha pretese elevate secondo noi. Ma James vuole il Napoli».
In Spagna c’è anche (e fisicamente) Rodrigo? «Che però preferisce restare lì. Ce lo ha detto e ne prendiamo atto».
Il vostro progetto prosegue cavalcando l’onda verde: Elmas ha appena venti anni. «Ma a quell’età non si è più ragazzini. Ne abbiamo moltissima considerazione, non posso negarglielo, ma dobbiamo necessariamente completare qualche uscita, per evitare anche il sovraffollamento che, come si sa, non è mai produttivo».
Frase di Ancelotti: io lo scambio Insigne-Icardi non lo faccio. «E ha ragione. Lui vorrà sempre andare alla Juventus. Ma anche io preferisco Lorenzo, perché di lui abbiamo bisogno, mentre lì davanti abbiamo Milik e Mertens».
Però Icardi lei lo cercò…«E chi lo nega? Né si può ignorare il suo talento: Icardi è fortissimo ma si è parlato talmente tanto di lui che adesso sembra più anziano dei suoi ventisei anni. Visto da lontano, dà l’impressione di essersi gestito male e di non aver colto l’importanza del ruolo che riveste. Ma la considerazione nei suoi confronti è indiscutibile».
Ha detto Antonio Conte: dobbiamo colmare il gap che ci separa dalla Juventus e dal Napoli. Avete ribaltato le gerarchie, l’Inter vi era davanti. «Conte, al quale do il bentornato, conosce il calcio italiano e gli è rimasto legato anche durante questa sua missione in Inghilterra. Ha notato i nostri progressi, quelli di un club che da dieci anni è stabilmente in Europa, e li ha sottolineati con onestà. Vi aggiungo che la nostra volontà di migliorarci, incontestabile per il passato, rimane tale anche per il futuro».
Non scadremo nella banalità di chiederle cosa voglia vincere… «Migliorarci vuol dire anche trovare il modo di intervenire per un cambiamento in Italia e all’estero del sistema-calcio, facendo crescere i fatturati per diventare sempre più competitivi».
Ma siamo di nuovo dinnanzi alla prospettiva di una sfida Juventus-Napoli per la prossima stagione? «C’è stato un valzer di allenatori che ha rivitalizzato il movimento. Sarà un campionato bellissimo, con sei-sette squadre più vicine tra di loro, e quindi verrà fuori un anno in cui l’interesse finirà per intrigare maggiormente».
Sarri alla Juventus… «E’ un bel film di cui ancora non si conosce il copione. Verrà scritto in corsa».
A proposito di allenatori, non ne ha (quasi) mai sbagliato nessuno. «Ma io ritengo che anche Donadoni, con il quale è durata poco, non rappresenti un errore, per il contesto in cui è arrivato e per il momento che ha dovuto vivere. Ma poi ha dimostrato le sue qualità. E quanto alle scelte, diciamo che non avendo giocato al calcio e avendo voglia di tenermi sempre informato, ho avuto la pazienza e l’umiltà di aggiornarmi vedendo tutto. A casa c’è un televisore sempre acceso sulle partite, mi sono divertito molto anche a guardare il Mondiale femminile e me lo sono goduto, tant’è vero che spesso mia moglie e i miei figli mi implorano: e bbbastaaa!!!!».
Il nuovo San Paolo le piace? «Mi piace. Anche se ha il limite di essere uno stadio poco funzionale per il calcio, perché la pista non esiste in nessun impianto in cui giochino i grandi club ed è mal sopportata anche dalla Roma e dalla Lazio. Poi ci sarà da lavorare all’interno e spero che ciò accada rispettando i tempi di realizzazione».
Il vostro campionato comincerà fuori casa… «Siamo stati costretti a chiedere alla Lega di giocare le prime due gare di campionato in trasferta, per fronteggiare il rischio di ritardi di cui ho sentito parlare. Questa è la conferma che se le istituzioni allargassero le possibilità di intervento ai privati se ne gioverebbero tutti. Ma ormai parliamo di un vecchio male italiano che ha ridotto questo Paese alla fame».
Inevitabile chiederle: rilancerà la campagna abbonamenti? «La stiamo mettendo a punto e anzi siamo già avanti con il lavoro. Ma bisogna attendere che i responsabili delle Universiadi applichino i numeri sulle poltroncine, altrimenti non saremmo in condizione di presentare l’offerta ai nostri tifosi».
Nel calcio italiano ormai abbondano le proprietà straniere. «E invece i club che appartengono a famiglie italiane al 100% – leggi gli Agnelli e i De Laurentiis – costituiscono un principio di garanzia che non sempre esiste altrove, tanto da noi quanto all’estero».
Ha sempre voglia di cinema? «Sono attratto da tante cose, per esempio mi affascina il mondo dell’agricoltura, e non mi sono mai disaffezionato al mio primo amore: il cinema. Anche il calcio mi ha allontanato dalla dimensione internazionale e mi ha costretto al panorama italiano. Ma sono pronto a tornare alla grande, con produzioni sempre affascinanti, sul mercato americano e su quello cinese».
Fonte: CDS