Ruud Krol: “A Napoli scoprii il bello del calcio. Sarri non è un traditore”

L'ex difensore del Napoli al CdS tra passato e il presente

Quando il calcio divenne poesia, si rimase avvolti in una nuvola, lo sguardo perso in televisioni in bianco & nero e gli occhi a scrutare quell’incanto “orange”, che si poteva desumere: ma le forme no, le vedevi e persino le sentivi, ti ghermivano i cinque sensi, tutti, perché osservavi l’Ajax (e l’Olanda) e lasciava un gusto dolcissimo, un profumo di freschezza che pareva di toccarla con mano o con l’anima e volevi essere uno di loro mentre ascoltavi i versi d’un football fascinoso. Non si invecchia mai, men che meno a 70 anni, se sei stato dentro quell’epoca, interpretando – con signorilità e un’eleganza sontuosa – Ruud Krol in un’intervista al CdS: e si può restare a giocherellare con il tempo, fingendo che non sia mai volato via, perché quello è un elisir di giovinezza. 

Il signor Krol guarda mai indietro? «Non conservo neanche una maglietta della mia giovinezza, io vivo nel presente perché non so quanto possa durare il futuro, se un giorno o un quarto di secolo. Né penso al passato attraverso i cimeli: tengo per me i sentimenti, i ricordi di amicizie che restano, come in questa Napoli che mi accoglie sempre allo stesso modo e mi commuove».

Come quando, un giorno, andò a comprare un paio di scarpe e… «La proprietaria mi disse di aspettare, perché sarebbe arrivata la Polizia. Impossibile uscire, visto quanta gente s’era affollata all’ingresso del negozio e spingeva per entrare. Io – pensi un po’ – ero appena arrivato, avevo solo giocato una amichevole, con il West Bromwich».

Oggi allena, preferibilmente dove c’è il sole e il mare. «E seguo il calcio internazionale, senza fare paragoni malinconici. La vita è cambiata, vero, c’è stata evoluzione tecnologica, però qui sia va sempre in campo undici contro undici e semmai le differenze sono altre: i palloni, per esempio, che sono più leggeri e poi le capacità di addestramento. Gli allenatori sono quasi tutti uguali, studiano sugli stessi libri, applicano idee sovrapponibili: la differenza la fanno le sfumature e le loro capacità, l’empatia che sanno scatenare. Pesaola, che ho avuto al Napoli, era strepitoso: con lui il feeling venne immediato».

Il suo calcio comincia e finisce con Rinus Michels: e non sarebbe male. «Penso il più grande di tutti i tempi: aveva la capacità di entrare in ognuno di noi e di farci lavorare come fabbri, se posso usare con rispetto una frase del genere. C’erano periodi in cui la prima seduta era alle sette del mattino, l’ultima, di calcio-tennis, alle otto di sera. Ma sapeva ottenere il massimo da chiunque, perché lui era un genio».

E poi? «Cruijff, immenso già da calciatore, il talento più puro con cui io abbia giocato. Ma da tecnico, egualmente innovatore».

Chi nasce nell’Ajax porta con sé il 4-3-3. «E infatti è il sistema mio di riferimento. Quella è una scuola di pensiero, una forma di educazione che poi può essere variata in campo, attraverso i movimenti, ma si comincia da lì».

Ha teorie non radicate, Krol. «Non ho paletti, non ho dogmi, mi piace la libertà di pensiero, la diversità, ma soprattutto lo spettacolo. Guardiola è avanti agli altri, oggi, però il Liverpool di Klopp mi attira e il Napoli di Sarri ha tracciato un percorso illuminante. Ma come fai a non avere stima di Allegri, del suo modo di gestire un club come la Juventus e di vincere? Io non sono mai stato incantato da Mourinho, ad esempio, ma questa è opinione personale».

Le italiane comprano in Olanda: la Juventus vuole De light. «Sento e leggo prezzi stratosferici, ma comprendo: ha diciannove anni, può caratterizzare il prossimo decennio, andrebbe ad aggiungere qualità ad un settore formidabile, lui e il dottore uno a fianco all’altro…».

Il dottore sarebbe Chiellini.
«Tra i tre più forti in circolazione, poi scegliete voi come sistemarli: gli altri due sono Sergio Ramos e van Dijk. Hanno una statura, una intelligenza, uno spessore che li rende superiori alla media».

Perché in Italia vince sempre la Juventus?
«Perché ha la storia e anche il progetto, perché va a prendere il meglio e se ora acquista anche De light dà un altro segnale».

Anche il Napoli vorrebbe acquistare in Olanda: Lozano del Psv è una tentazione? «Giocatore di indiscutibili qualità, un talento, ma bisogna vedere come si comporterà contro le difese più organizzate che esistano. Il calcio è equilibrio, anche questo, e non bisogna dimenticarlo».

Juventus e Napoli, sempre loro. «Per ora, principalmente loro, con la Juventus che, visto che non è ancora successo granché al mercato, rimane avanti. Ma la seconda stagione di Ancelotti può cambiare l’indirizzo generale del campionato, la sua esperienza e le sue conoscenze potranno essere decisive».

Sarri alla Juventus è stato definito un traditore «E mi sembra ingeneroso. Ha sessant’anni, ha avuto tardi la possibilità di dimostrare quello che sa fare e penso sia anche giusto colga questa possibilità, senza che nessuno si arrabbi seriamente. Capisco i tifosi, ma la scelta ci sta tutta. Quando ero qua, potevo andare all’Inter, ma Ferlaino non volle e fece bene: all’Ajax ho vinto tutto, qua niente, ma in compenso ho scoperto il bello del calcio».

Si sente che tifa Napoli. «E come si può non essere innamorati di una città del genere, della sua gente? Nella mia prima stagione, dopo il terremoto, una partita, credo con l’Ascoli, venne rinviata al mercoledì: pensavo giocassimo in uno stadio vuoto, ne trovammo ottantamila».

Il calciatore “napoletano” che l’ha conquistata? «Se ne è andato in Cina. Ed è ovvio che mi riferisca Hamsik: testa alta, calcio pieno, nessun ruolo e tutti i ruoli insieme».

La sua Olanda è stato un “fenomeno irripetibile”? «Può darsi. Certo ha impresso una svolta e se stiamo ancora qua a ricordarla e a parlarne ha dunque lasciato un’eredità».

Eravate “totali”. «E anche con una qualità esagerata».

La sua partita indimenticabile? «Belgrado, maggio del 1973: 1-0 sulla Juventus, la terza coppa dei Campioni consecutiva». 

La Redazione

 

 

 

 

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