Cinque gol in serie A e un sorriso grande quanto tutta Empoli. Giovanni Di Lorenzo si presenta in redazione alle quattro del pomeriggio, rilascia un’intervista al CdS, accompagnato dalla sua fidanzata Clarissa, dall’agente Mario Giuffredi e parte subito con una promessa. «A Clarissa ho promesso che se l’anno prossimo dovessi andare in una grande ci sposeremo».
Il Napoli è alle porte. «Lo dite voi».
In pole. «Io devo pensare a Inter-Empoli, ci giochiamo la vita».
Ne parleremo: ma se fosse proprio Napoli il tuo futuro? «Sarebbe un sogno, fatemi sognare. E poi penso, ma non scrivetelo, che i rapporti tra i club hanno portato in passato a operazioni come Hysaj, Mario Rui, Valdifiori. Quasi come se fosse un messaggio del destino».
Lo scriviamo. «Ormai è andata. Oh, ma che titolo farete?».
E ride, mentre il suo agente Giuffredi regala un titolo importante: «Rivedo in lui la stessa storia di Moreno Torricelli. E’ arrivato tardi, ma è arrivato. Dalla serie D alla Juve. L’importante è crederci, anche quando non sei più un ragazzino. Come sta facendo Mancini con la Nazionale: ha convocato Zaniolo che non aveva praticamente giocato, lui non fa sconti. E’ il modo migliore per cambiare mentalità al calcio italiano».
Giovanni, dallo stage azzurro a qualcosa di più? «Se dicessi che non attendo le convocazioni, sarei falso. Alle spalle ho esperienze importanti con Di Biagio, sia con l’Under 21 che con l’Under 20, ma quando si spalanca il portone dorato non resti insensibile. E aspetto con curiosità mista a emozione. Ma aspetto contemporaneamente con la spensieratezza di chi sa di aver cancellato un altro step, fondamentale. Se non dovessi esserci stavolta, lavorerò forte per esserci la prossima».
Qual è lo step superato? «La mentalità. Mi sento più forte dentro. Sono alla prima stagione in serie A, mica alla decima. Ma capisco, interrogandomi, di aver colmato qualche lacuna, di essere più pronto, di riflettere bene, ma senza condizionamenti».
Nasci difensore centrale. «Erano i tempi della Reggina. Poi ricordo le parole di Padalino a Matera. Mi disse “ma tu al centro ti snaturi, perdi il 70 per cento del potenziale, devi cambiare, ti metto sulla fascia”. Fu la mia fortuna. Ci sono allenatori che non conoscono le grandi ribalte, ma che aiutano a capire chi sei, cosa fai e cosa potresti fare meglio. Anche Auteri ha questo tipo di mentalità, usciamo dal circuito delle categorie di competenza, sarebbe troppo banale. Un allenatore, se è bravo, è bravo».
Meglio 4-4-2 o 3-5-2. «Penso di potermela cavare in entrambe le situazioni. Forse a quattro è meglio perché sono più abituato. Ma non mi pongo problemi. Mi manca un altro passaggio per sentirmi più completo».
Qualche gol in più? «Ma no, ne ho segnati cinque, l’anno scorso appena uno, mica sono il cannoniere della fascia destra, dai».
E quindi, quale lacuna? «Quando arrivo sul fondo, devo fare la scelta giusta, migliorare nei particolari e fabbricare cross sempre più imprevedibili».
La cura del dettaglio. «Quando sei figlio della gavetta, non puoi permetterti sconti. Non devi omettere, devi studiare come e quando fare un alto balzo».
Cinque gol: il più bello? «Quello al Torino di domenica, me lo sono preparato bene, ci sono arrivato pronto nelle scelte e torniamo al discorso di prima sui cross. Però, sul 2-1 di Brighi sono stato essenziale, dite decisivo? Quella svolta è stata pesantissima: il Toro aveva pareggiato, serviva un episodio per rimettere la testa avanti. Però, adesso vi faccio divertire…».
Divertiamoci. «Anche il 2-1 al Napoli è stato bello…».
Allora te le cerchi... «Non sono insensibile alle voci di mercato. Mi danno la giusta carica, sapendo che l’Empoli ha la precedenza. Sono grato al direttore sportivo Accardi che ha avuto il coraggio di pescarmi in serie C e di darmi una chance. Senza certi passaggi, senza il coraggio di chi decide di puntare su di te, resti anonimo».
Parliamo dei gioielli che avete esposto in vetrina? «Gioielli?»
Traorè. «Impressionante. E’ un 2000, ragiona con la testa di un veterano. Ha la personalità di un venticinquenne con cinque stagioni di serie A alle spalle».
Bennacer. «Duttile, panoramico, furbo. Si è adattato da regista come se fosse il suo ruolo da sempre».
Krunic. «Moderno, grande gamba, qualità e quantità. Qualche infortunio lo ha frenato, ma puntarci è un obbligo».
Dal primo Andreazzoli al secondo. «A inizio stagione ci mancava qualcosa a livello di compattezza. E ha pagato lui. Quando il mister è tornato per sostituire Iachini eravamo virtualmente salvi, abbiamo vissuto momenti difficili, ma dopo poche settimane abbiamo assunto consapevolezza. E siamo diventati squadra. La famosa compattezza».
Come si prepara Inter-Empoli? «Non dobbiamo mollare di un centimetro, la mentalità ci aiuta. Se facciamo sconti o calcoli siamo fritti».
Spieghiamo meglio. «Due minuti dopo la vittoria sul Torino Andreazzoli ci ha detto “prepariamo la prossima come se ci servissero i tre punti”. Ha ragione perché se pensiamo di dover ascoltare i risultati dagli altri campi, se immaginiamo che con un punto siamo salvi perché il Genoa non vincerà a Firenze, se ipotizziamo che potremmo perdere in caso di vittoria viola, saremmo sulla strada opposta rispetto a quella che ci siamo imposti»,
Bella filosofia. «Ci sono due settimane tipo. La nostra e quella dell’Inter».
Qual è la migliore o la peggiore? «Non voglio essere presuntuoso, chi mi conosce bene sa che non lo sono. Però, un conto è non aspettarsi di trovarsi lì e giocarsi tutto in una partita, è il caso dell’Inter. Un altro paio di maniche esserci con la testa sgombra: chiaro, se retrocedessimo ci resteremmo malissimo dopo una rimonta così, ma un mese fa non avevamo chance, per chiunque eravamo condannati a sprofondare».
Di Lorenzo fuori dal campo. «Sono un ragazzo tranquillo, utilizzo i social con parsimonia, per me non rappresentano una trappola perché so bene come e quando gestirmi. Sono diplomato in ragioneria, non ho hobby particolari, non avevo una squadra del cuore da ragazzino».
L’ultimo libro letto? «Quello su Totti. E un pensiero mi frulla sempre».
Siamo curiosi. «Non ho capito bene l’epilogo della vicenda De Rossi. Meglio: l’ho capito, però non ho digerito. Il titolo ci sarebbe».
Daccelo. «L’ultima bandiera ammainata. A me risulta difficile pensare, immaginare, constatare che la fine debba essere così ingloriosa. L’idolo dei tifosi e un rispetto che non c’è. Non voglio attaccare il club oppure chissà chi, non sono vicende di mia competenza. Ma è normale rifletterci, inevitabile che resti amarezza anche a chi non è stato direttamente coinvolto. Sono cose che ti fanno pensare tanto».
Chi è il terzino irraggiungibile? «Cancelo. Come spinge lui, nessuno».
Dove andrebbe Di Lorenzo se potesse scegliere un campionato diverso dalla serie A? «In Premier. Intensità, fisicità, cross su cross, battaglie. Mi piace troppo. Ma resto volentieri qui».
Altrimenti il Napoli sfuma... «Ancora? Mi fate prendere una cazziata con questa storia del mercato».
C’è un’immagine che rivedi in questi momenti? «Sì, una. Inter-Empoli di domenica, davanti a 65 mila spettatori. E noi che ce la giochiamo con la testa giusta. Questa immagine mi dà, ci dà, una forza enorme. Ma non conta che dica “dobbiamo essere pronti”. Semplicemente perché lo saremo».
La Redazione