E’ il destino degli idoli, di chi deve rappresentare la figura di piccolo grande eroe, in un paese in cui – calcisticamente – se ne avverte sempre l’esigenza: ma Insigne Lorenzo, professione capitano del Napoli, di quest’annata che nonostante il secondo posto ha lasciato nell’aria un retrogusto amaro ci ha inserito qualcosa di suo. Raccontano le statistiche, che possono essere interpretate o anche no, di quattordici reti, a pensarci bene non sarebbero poche, anzi non lo sono: come un bomber vero, insomma. Poi ci sono anche sette assist. E poi c’è la doppia cifra raggiunta per la terza volta nelle ultime quattro stagioni; e sei dei ventisei pali di questo Napoli, come riporta il CdS, che deve avere un problema con la precisione millimetrica ma anche con la sorte sono stati suoi: solo il suo vecchio «socio» Ciro Immobile, che sta a nove, è messo «peggio».
A proposito: centoquindici conclusioni, almeno diciotto in più di ogni altro. Ma lasciamo perdere i suoi venticinque dribbling, altrimenti va a finire che bisognerebbe contare i tiri a giro e le smorfie e ciò che è stato e quel che potrà essere, avendo lui deciso: «Tutto chiarito, c’erano state incomprensioni. Firmerò per restare qua». E per essere sempre più Insigne, sempre più raramente insipido.
La Redazione