Con quale stato d’animo aspetto la partita del Napoli di giovedì? E be’, io lo devo confessare: la aspetto, come molti altri tifosi, sprofondato nell’appucundrìa. Che cos’è mai l’appucundrìa? Chiàmasi appucundrìa, in lingua madre, uno stato di infastidita malinconia, una rassegnazione annoiata, una sorta di «non ho voglia di sbattermi ma nemmeno di non sbattermi», una specie di smorfia che non se ne va da tutto il corpo, e alla fine una forma di assonnata sopportazione: ed è con questo stato d’animo che ci avviamo verso il giovedì che speriamo santo calcisticamente per noi napoletanofili, ma con una speranza blanda che non ci risveglia dalla malinconica pennica calcistica in cui ci ha gettati la partita di Londra. Ma è possibile questa cosa?
No e poi no! Ragazzi col pallone, basta con le manfrine e le paure. Noi il nostro dovere di tifosi lo facciamo sempre, e lo faremo anche adesso, ma con il dovere soltanto non si va lontano, e voi ci dovete svegliare! Noi ci vogliamo divertire e arrabbiare, e sconfortarci e risollevarci, e sgolarci e deprimerci, e entusiasmarci e impaurirci, e gridare come pazzoidi e tacere come mentecatti, qualunque cosa ma non vogliamo restare nell’appucundrìa, e questa volta tocca a voi calciatori svegliarci.
Carletto, lo diciamo anche a te: per favore, potresti ricordarti la prima volta che a Napoli hai mangiato una pizza fritta cosa ti è successo? Lo sappiamo, lo sappiamo, non lo devi spiegare a noi, il sapore ti è semplicemente scoppiato in bocca come un brillare di bengala sul mare, ti ha fatto tornare vivo e te lo ricordi ancora. Ma allora ricordalo anche alla tua tattica e ai tuoi ragazzi, ricordagli che noi vogliamo l’esplosione dei sapori, e che rivivano e ci facciano rivivere le emozioni della pizza fritta, non la placida e pesante e matronale piacevolezza dei tortellini in brodo. E voi, ragazzi, e che diamine, per non dire un’altra frase che sarebbe plebea e scurrile, anche se noi da queste parti quella frase la diciamo col cuore appassionato e reverente: voi, ragazzi, suonateci un’altra musica! Che cosa avete da perdere? Ora più niente, e quindi vai con i tricchebballacche e i putipù, vai con la musica dei fuochi d’artificio che brillano e scoppiano e colorano l’anima, vai con le caccavelle del divertimento del pallone, vai con la musica frizzante che scaccia l’appucundrìa.
Noi siamo qui, sempre fedeli, ma pure un poco annoiati, e francamente non ce lo meritiamo, perché noi i tricchebballacche e i putipù non ve li abbiamo mai fatti mancare. Perdere, vincere, a un certo punto va bene tutto, ma solo se si gioca con l’anima fra i denti e la testa leggera ma forte, leggera ma forte come una frittura di fragaglia appena pescata che crepita nell’olio bollente e poi è croccante sotto i denti.
E allora facciamo una cosa, frivimmacìlle, a chisti ccà d’ o Tottenham! Questi qua lo avete visto che non sono dei supermen, ma loro a Londra hanno giocato a pallone come un branco di ragazzini sui campetti di terra polverosa, e voi come un pullman di pensionati in gita che si fermano davanti a tutti i monumenti guardando a bocca aperta, artritici e svagati. Lorenzino, non sei ancora stato nominato commendatore o cavaliere del lavoro, e quindi puoi fare ancora lo scugnizzo; e tu, Dries ‘o piccerillo, fai quelle cose difficili che sai fare e divertiti come solo tu puoi; e tu Gigante Buono, tu non pensare troppo ai razzisti al governo che tanto sta’ sicuro voleranno via come polvere dai tappeti, e vai a prenderti i palloni dai piedi dei non-supermen. E tutti quanti ricordatevi che il calcio è un gioco, e che la pesantezza non sta solo nelle gambe ma nel cervello, siete ancora guagliune, non ve lo scordate.
Vi vogliamo bene comunque, vi perdoniamo tutto, ma l’abbiocco da partita di calcio quello no, l’appucundrìa non ce la potete far venire! Vogliamo i triccheballacche e i tricche-tracche, e lasciate perdere i cretini e le cretine che li chiamano folclore, voi pensate a farli suonare nel pallone come fate quando non avete paura di nessuno: noi ci sveglieremo. Fonte: Il Mattino