Ancelotti quando è entrato nello spogliatoio dell’Emirates ha compreso che non era il caso di inveire, alzare la voce, rimproverare. L’umore è nero, non potrebbe essere altrimenti, ma dice «Sono sicuro che il turno lo passeremo noi e che al San Paolo elimineremo l’Arsenal». Si sforza di dare di sé l’immagine del leader calmo, dell’allenatore che non perde mai le staffe. Ma quando scatta verso il figlio, all’ennesimo errore di Rui, invocando Ghoulam, lì si capisce che qualcosa nelle sue sicurezze traballa. Quando qualche tifoso a Londra gli consiglia di andare avanti con la linea dura, lui non la prende bene: «So io cosa fare», replica a muso duro. Eppure il cambio di programma, la scelta di andare da Londra direttamente a Verona, i cinque giorni consecutivi di ritiro, non sono stati graditi dalla squadra anche se nessuno lo ha apertamente manifestato. Eppure, in questo momento, è la cosa più giusta: i campanelli d’allarme che si sono sentiti negli ultimi tempi sono rimasti inascoltati. Magari, non sarà un ritiro punitivo ma se serve per ritrovare l’anima, ben venga.
Fonte: Il Mattino