Gasperini è un moto ondoso in aumento: racconta, riflette, si diverte. In pratica è come se ci stesse allenando. La serenità mista a ispirazione di chi divora pane e tattica dalla nascita. Parla del Napoli ai microfoni del CdS
Lei è un maestro. «Parola grossa, etichetta opinabile. Però, l’altra sera…».
Ha sognato? «No, ho visto Emery, l’Arsenal e la difesa a tre contro il Napoli. Ho pensato “mica ero pazzo, io..”. Sono soddisfazioni».
Pazzo? «La difesa a tre è stata di difficile digestione, sembravo un visionario. Ora è tendenza, certezza, concretezza».
Passa l’Arsenal in Europa League? «Non sparate su Ancelotti, ha fatto il suo a Napoli. E il secondo tempo di Londra è un inno alla speranza».
Un pomeriggio a Torino e la firma vicina con il Napoli. «Ormai otto anni fa. De Laurentiis mi chiese riservatezza, era in compagnia del suo amministratore Chiavelli. Ho sempre pensato che avrebbe riconfermato Mazzarri e andò proprio così. Ma quei momenti diventarono buffi alla richiesta di un caffè».
Il caffè? «De Laurentiis mormorò “diamoci del tu, ma almeno mi offri un espresso?». Eravamo a casa mia, io mezzo imbranato, vidi le cialde e gli sussurrai “guarda lì, te lo sai fare da solo?”. Risate».
Una data: 5 marzo 1989. «La manata a Maradona in un Pescara-Napoli? Allora si potevano indossare gli anelli in campo, mi girai fortuitamente e gli aprii il labbro. Impressionante. Lui mi grido “hijo de puta”, pensando che lo avessi fatto apposta. A Napoli per un po’ mi hanno odiato, come se fossi il peggior nemico».
Zapata parla con i gol. «Il suo era un problema di altura».
Prego? «In Colombia vive a 2000 metri, anche a Genova aveva avuto difficoltà. Dal gol al Bologna è stato un crescendo spaventoso. Ma non approfondisca il discorso mercato, già immagino. E il discorso vale per il sottoscritto».
La Redazione