Ieri mattina è stata riesumata la salma di Raffaello Bucci, detto Ciccio, l’ex ultrà della Juventus morto cadendo dal viadotto di Fossano, sulla Torino-Savona, il 7 luglio 2016. Il giorno prima l’uomo, 41 anni, era stato ascoltato come testimone dai pubblici ministeri che stavano indagando sulle infiltrazioni della ndrangheta in Piemonte e nella curva bianconera: indagini che sarebbero poi confluite nel processo Alto Piemonte. Il caso era stato archiviato come suicidio, adesso, coordinata dal procuratore di Cuneo Onelio Dodero è partita una nuova inchiesta. La compagna dell’ uomo ha forti dubbi. “Raffaele non si tolto la vita. Non era il tipo di buttarsi giù dal ponte. Qualcuno, semmai, l’ha spinto a farlo”. La procura di Cuneo ha aperto nei mesi scorsi un fascicolo, a carico di ignoti, per istigazione al suicidio. Le ferite sul volto, il borsello ritrovato e i suoi contatti misteriosi. E poi le tumefazioni ed escoriazioni sulla parte sinistra della faccia e un taglio dall’attaccatura del naso, sul lato destro, che solca la fronte in obliquo. Questo aveva fatto sollevare dubbi alla compagna di Bucci, originario di San Severo, considerato uno dei nuovi capi del più importante gruppo ultras della Juve, i Drughi. Bucci, si era poi scoperto nelle carte dell’inchiesta, era anche un informatore dei servizi segreti riguardo alle infiltrazione di frange eversive e di estrema destra nelle curve, come raccontato da un agente dell’Aise ai magistrati. Secondo le indiscrezioni raccolte in serata, nessuno lo avrebbe spinto. Resta l’indagine per istigazione.