Lo sfogo della moglie di Giuliano Giuliani ai microfoni de Il Mattino:
«Era un idolo, dimenticato da tutti solo perché morto di Aids. Spero che per i 30 anni dalla vittoria della Coppa Uefa qualcuno a Napoli pensi che sia giusto invitare anche noi alla celebrazioni, per riabilitare il suo nome nello stadio dove ha vissuto i suoi momenti più belli». Raffaella Del Rosario incantava con la sua presenza i salotti delle tv napoletane alla fine degli anni 80. Non era solo una presentatrice, era soprattutto la moglie di Giuliano Giuliani, il portiere di quel Napoli che conquistava la Coppa Uefa nel 1989 e il secondo scudetto nel 1990.
Raffaella, lei era una specie di Wanda Nara?
«Con la differenza che non ero la manager di mio marito. Però io ero molto attenta a non svelare i segreti di quello spogliatoio che pure conoscevo perché Giuliano mi raccontava davvero ogni cosa».
Chi era Giuliano Giuliani?
«Un ragazzo che si era innamorato di Napoli fin dal primo momento che ci aveva messo piede. Era un tipo attento, taciturno e non era neppure un farfallone. Eppure la sua vita se l’è rovinata proprio per un colpo di testa, per una scappatella».
Già, perché come ha contratto l’Aids?
«Lui mi ha confidato che l’unica sua notte di follia l’ha avuta in Argentina, durante i festeggiamenti per il matrimonio di Maradona con Claudia. Io non potei andare perché da poche settimane avevo partorito la mia Jessica e vedevo in tv lui e gli altri ballare scatenati a quella festa. E io ero in lacrime ad allattare».
Come ha scoperto la malattia, che lo portò alla morte nel 1996?
«Durante un test, quando era all’Udinese. Venne da me sconvolto, in fretta e furia anche io e la bambina dovemmo fare le analisi per capire se avevamo contratto il virus dell’Hiv. Non gli perdonai il tradimento, ero orgogliosa, e me ne andai di casa. E tornai a Napoli. A casa di una mia amica brasiliana, che mi offrì il divano per dormire. E pensare che appena pochi anni prima in quella città ero una specie di Regina Elisabetta».
Lei e Giuliano arrivate a Napoli nell’estate del 1988.
«Io sono nata a Parma e ho vissuto a Bologna. Avevo 23 anni quando mi innamorai di lui e poco dopo ero già incinta. Fui io a trovare la casa a Posillipo e subito dopo a organizzare la luna di miele in Polinesia. Il viaggio di nozze più assurdo…».
Perché?
«Perché con noi venne Maradona, Claudia, la figlia, sua madre, suo padre, i fratelli… E tutto il suo clan, eravamo in 25. Ma eravamo felici».
Chi erano i vostri amici a Napoli?
«Molti fuori dal calcio, ma in coppia uscivamo spesso con i Corradini e i Ferrara. Spesso anche con Fusi. Ma i rapporti tra Giuliano e la squadra erano ottimi».
Però dopo il secondo scudetto, va via.
«Non abbiamo mai capito il motivo, lui chiuso come era la prese malissimo. Ci mandarono a Udine senza spiegazioni».
Contrae l’Aids e tutti spariscono.
«Tutti. Lo lasciarono da solo. Era diventato un fantasma. Lo incrociavano e facevano finta di non riconoscerlo. Lui era ferito per questa indifferenza dei suoi ex compagni».
Neppure Maradona si è mai fatto sentire?
«Spariti. Però pochi giorni fa è arrivato un messaggio di Alessandro Renica».
Che dice?
«Mi chiede scusa e si dice pentito per non essere venuto al funerale di Giuliano e che lo ricorda sempre con affetto».
E lei cosa ha risposto?
«Che sono contenta che abbia capito l’errore, sia pure a distanza di tutti questi anni. Però è l’unico che ha fatto questo passo».
Cosa vorrebbe?
«Negli anni hanno organizzato delle partite di vecchie glorie, sarebbe stato bello se ci avessero chiesto di partecipare. Vorrei tanto che se ci fosse una gara per ricordare l’impresa europea di 30 anni fa e che anche io e mia figlia Jessica fossimo presenti. Soprattutto per mia figlia: aveva 7 anni quando ha perso il papà e può solo intuire l’amore che i napoletani avevano per Giuliano. Sarebbe ora che mi invitassero per ricordarselo. Non hanno mai fatto niente. E non è giusto».
Dimenticato perché morto di Aids?
«Certo, una malattia scomoda che ha fatto sempre paura a un mondo ipocrita e allora hanno pensato di nasconderla. Magari uno pensava che l’aveva presa a Napoli. Poi era una malattia che tutti collegavano all’omosessualità che nel calcio era ed è ancora un argomento vietato. Come se i gay non ci fossero nel calcio. Ce ne sono, allora come adesso. Eppure, conosce qualcuno che abbia fatto outing?».
Di quelli che lo hanno messo da parte, ce l’ha con qualcuno in particolare?
«Ce l’ho con tutti, non ci si comporta così verso uno che ha lavorato con te, con cui hai diviso tanti momenti di gioia e di gloria. Al funerale c’erano solo gli amici dell’Arezzo. Eppure l’Aids non era una malattia che poteva compromettere la salute degli altri, lui non ha fatto correre dei pericoli a dei compagni».
Dopo la morte di Giuliani lei cosa ha fatto?
«Tanta televisione, con Maurizio Mosca. Poi, quando sono rimasta incinta del mio terzo figlio ho deciso di dedicarmi solo alla famiglia. Però mi piacerebbe di nuovo fare televisione, magari proprio a Napoli, durante la settimana. Lì ci sono tanti programmi di calcio».
Raffaella è stata recentemente nel programma «Tifo Azzurro» su Tele A, parlando anche del trionfo in Coppa Uefa con suo marito grande protagonista.
«Ricordo la sua felicità di quei giorni, ma anche la gioia dei napoletani: però per Giuliano è stato il successo del secondo scudetto la soddisfazione più bella. Durò pochissimo: in cuor mio speravo in una convocazione ai Mondiali che si sarebbero tenuti in Italia quell’estate e invece lo mandarono all’Udinese. Ma quegli anni per lui sono stati davvero una favola. E anche per me».
Cosa sogna?
«Il nome di Giuliano pronunciato dallo speaker del San Paolo e l’applauso dei tifosi. È il sogno per mia figlia: è giusto che tocchi con mano quell’amore della gente di Napoli».